Da inizio Luglio centinaia di migranti provenienti da Eritrea, Somalia, Etiopia, Gambia e Sudan tentano di attraversare la frontiera da Como per raggiungere i Paesi del Nord Europa, dove spesso si trovano i loro congiunti. Arrivati alla dogana vengono identificati, sottoposti a perquisizioni invasive e umilianti da parte della Polizia di frontiera svizzera e poi reclusi per ore senza spiegazioni. La maggior parte di essi viene riammessa e consegnata alla Polizia di frontiera italiana a Ponte Chiasso, compresi i minori non accompagnati che avrebbero diritto all'immediata attivazione della procedura per il riconoscimento della protezione internazionale. Una parte di loro viene semplicemente respinta e a piedi fa ritorno alla Stazione San Giovanni, mentre i restanti vengono caricati su pullman per essere trasferiti forzatamente negli hotspot del Sud Italia, nella fattispecie a Taranto.
I trasferimenti, giustificati dalla Prefettura con la necessità di identificare i migranti, rientrano nel più ampio obiettivo di alleggerimento delle frontiere; di fatto però, come denunciato dal rapporto di Amnesty International e dall'Associazione Studi Giuridici Sull'Immigrazione (ASGSI), questo tipo di azioni si devono considerare alla stregua di
"trattamenti inumani o degradanti"
vietati dall'art. 3 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle libertà fondamentali (CEDU).
I migranti infatti vengono fatti salire forzatamente sui pullman senza alcuna spiegazione né riferimento alla destinazione finale. Nessun interprete è presente; viene quindi negata la possibilità di comunicazione tra loro e gli agenti di custodia.
Oltre che essere disumana,questa procedura è di fatto inutile: i centri di destinazione nel Sud Italia sono spesso già saturi ben oltre la loro capienza, per cui i nuovi arrivati vengono semplicemente registrati e immediatamente rimessi nelle condizioni di ritornare a Como in pochi giorni.
Senza contare che ciò ovviamente comporta anche dei costi: pullman e autisti a costante disposizione, agenti di polizia, mezzi di scorta ai convogli, carburante e quant’altro.
L’azienda che ha vinto il bando per questo servizio “particolare” è la Rampinini.
Ciò accade davanti ai nostri occhi, accanto a noi, alla frontiera di Ponte Chiasso (CO) e alla stazione di Como San Giovanni. Non possiamo far finta di non vedere o di non sapere.
Siamo consapevoli che queste operazioni, sbagliate e assurde, siano in qualche modo funzionali alla stabilità e alla “sicurezza” dell'intera città, che, nelle condizioni attuali, si troverebbe a gestire da sola un numero elevato di migranti.
Tuttavia siamo altresì consapevoli di essere in qualche modo complici di questo sistema e di queste pratiche inumane e ingiustificabili. Perciò, oltre a chiedere con fermezza che cessino i trasferimenti coatti, riteniamo necessario che l’intero sistema legato alla gestione del fenomeno strutturale delle migrazioni cambi:
-facilitando l'accesso alle vie legali per coloro che desiderano iniziare un percorso di integrazione;
-incrementando la presenza di mediatori culturali nelle strutture di prima accoglienza;
-riducendo i tempi delle procedure di ricollocazione.
Inoltre chiediamo che la cittadinanza comasca e le sue istituzioni facciano pressione sulle autorità nazionali, europee e svizzere affinché vengano applicate correttamente le norme sull’asilo e affinché vengano aperti corridoi umanitari per permettere ai migranti di proseguire il loro viaggio in sicurezza.
L'unica possibilità di alleggerire la pressione alle frontiere è quella di aprirle.
rete Como Senza Frontiere