BREBEMI E LE ALTRE AUTOSTRADE: DICIAMO NO A QUESTE OPERE, PER APRIRE LA LOMBARDIA ALLA MOBILITA' NUOVA
E' finita, ingloriosamente, l'era del governatore Roberto I Formigoni, che dopo l'abdicazione ha lasciato il posto a Roberto II Maroni. Siamo così passati dalla promessa di nuove autostrade alla nuova stagione, la cui maggiore cifra di innovazione consiste nel 'vediamo se ci riusciamo noi' a fare le autostrade di Roberto I. Fa niente se nel frattempo è intervenuta una crisi economica, manca la liquidità e quella poca dovrebbe essere usata con grande lungimiranza, ci si è accorti che il suolo consumato in Lombardia è spropositatamente troppo, le famiglie non comprano più auto e se possibile le dismettono, confidando in un aumento e in un miglioramento dell'offerta di trasporto pubblico che però, per ora, non è all'orizzonte: le autostrade restano nel cuore e occupano tutto lo spazio mentale del nuovo (si fa per dire) governo regionale. Dalle fila dell'opposizione, dove pure qualche ricambio è intervenuto con l'ingresso del Movimento 5 stelle, finora non si è alzato nemmeno un filo di voce di dissenso... forse stanno scaldando i motori?
Ma non c'è più tempo da perdere, non possiamo aspettare che la politica istituzionale si svegli da sola, perchè lì si sono sedimentati gli interessi di lobby e speculatori legati alla vecchia mobilità. Occorre attivarci per il cambiamento. Le autostrade regionali sono già un fallimento annunciato, ed ogni euro che verrà speso per questi ecomostri della pianura sarà un euro tolto a famiglie, imprese ed enti locali. Senza contare gli effetti su smog, agricoltura e paesaggio dei cittadini lombardi. Non vogliamo in alcun modo essere complici di queste scelte.
Occorre far sentire una voce diversa da quella che, coccolata da banche e media, vuole farci credere che gli 11 (undici) miliardi da spendere per fare l'inutile BreBeMi, la disastrosa TEM e l'eccessiva Pedemontana rappresentino il futuro che tutti i lombardi aspettano. Perchè il futuro non passerà di lì, non c'è nessun indicatore che lo lasci supporre. E a maggior ragione non passa nemmeno da tutti gli altri progetti autostradali in lista d'attesa, dalla Broni-Mortara alla Cremona-Mantova, dal TIBRE all'IPB, dalla Pedemontana Bis all'autostrada della Valtrompia. Non c'è bisogno di nuove autostrade, ma di una MOBILITA' NUOVA. Una mobilità che incroci i bisogni quotidiani di lavoratori e studenti, che decongestioni le città, che conceda spazio e sicurezza a ciclisti e pedoni, che utilizzi meglio le infrastrutture ferroviarie, che consenta a nuovi operatori di mettere a disposizione una maggiore e più qualificata offerta di mobilità e che innovi i concetti di logistica per le merci per tagliare drasticamente il numero di camion che percorrono la nostra rete stradale e autostradale.
Possiamo per ora fare affidamento solo sulle nostre forze, di cittadini, associazioni e comitati per far passare un messaggio diverso. Ma dobbiamo sapere anche che se saremo efficaci nella contestazione di queste opere inutili, non avremo solo liberato qualche centinaio di ettari di terra dal peso insostenibile dell'asfalto e l'aria da evitabili carichi di smog. Perchè è dal NO a queste autostrade che passa una diversa idea di sviluppo, di economia e di società, opporsi alle nuove autostrade lombarde significa opporsi al declino e all'involuzione della nostra bella Lombardia, ed esigere un modo diverso di investire le risorse per la mobilità dei cittadini e delle merci.
BASTA AUTOSTRADE!
ASSEMBLEA REGIONALE
SABATO 13 APRILE , ORE 9,30, a Bergamo
centro Congressi 'la Porta', via Papa Giovanni XXIII, 30
BREBEMI, BRONI-MORTARA, CREMONA-MANTOVA, IPB, PEDEMONTANA, VALTROMPIA, VARESE-LECCO, VIGEVANO-MALPENSA, RHO-MONZA, TEM, TIBRE... FERMIAMO GLI ECOMOSTRI D'ASFALTO CHE DIVORANO LA CAMPAGNA E IL FUTURO DEI LOMBARDI!
NON CHIEDIAMO NUOVE AUTOSTRADE, CHIEDIAMO UNA MOBILITA' NUOVA
Legambiente promuove una assemblea aperta, uno spazio di discussione e condivisione tra comitati, movimenti e associazioni mobilitate contro i progetti e i cantieri di nuove arterie autostradali che non servono ai cittadini e nemmeno alle imprese del territorio.
Diciamo di no ad una regione che si indebita per opere che NON hanno un orizzonte di sostenibilità economica, e tantomeno sociale e ambientale
Chiediamo che le risorse economiche vengano investite su interventi davvero prioritari per il benessere dei cittadini, a partire dallo sviluppo e dalla qualificazione dell'offerta di trasporto collettivo
Un altro appuntamento, verso la Mobilità Nuova: DAL 6 AL 8 APRILE IL TRENO VERDE A MILANO
http://www.legambiente.it/trenoverde
Venite a visitare il Treno Verde alla stazione di Milano Porta Garibaldi: un treno che porta con sè un'idea di futuro delle città italiane: città pulite e mobilità intelligente al centro degli spazi espositivi allestiti nelle carrozze
Meno autostrade, più mobilità: Pedoni, Pedali e Pendolari di tutta Italia il 4 maggio insieme a Milano
MANIFESTAZIONE NAZIONALE per la Mobilità Nuova
La Mobilità Nuova sposta i soldi per muovere le persone.
La mobilità vecchia sposta le persone per muovere i soldi.
Il 4 maggio a Milano si terrà la manifestazione nazionale indetta dalla Rete per la Mobilità Nuova: una cordata di cittadini e cittadine, associazioni, comitati e movimenti impegnati per la promozione di un modello di mobilità che metta al centro della progettazione delle infrastrutture del Paese non più la circolazione delle auto, ma i bisogni delle persone. Facciamo sentire la nostra voce.
Leggi il manifesto della manifestazione, a cura della rete per la mobilità nuova, su: http://www.mobilitanuova.it/
Prime adesioni: #salvaiciclisti, Legambiente, FIAB, Euromobility, Touring Club Italiano, Regione Puglia, Comune di Reggio Emilia, Aiab, Co.Mo.Do, Movimento Difesa Cittadino, Associazione Treno Doc Palermo, Comitato pendolari Roma Nord, TrekkingItalia, Euromobility, Mobility Manager dell'Unimib, Ingegneri senza Frontiere, Milanoskating, Associazione Jungo, Go Slow Social Club, Federtrek, Trekking Italia, Su la testa-Ricomincia da te, Bicibus Milano, Alpine Pearls, Genitori Antismog...
news:
Valmalenco ancora a rischio cemento
Ospita la più alta vetta della Lombardia, con ghiacciai famosi in tutto il mondo, eppure il massiccio del Bernina rischia di essere investito da una colata grigia di cemento per far posto a nuovi impianti di risalita, favolistici tunnel Italia-Svizzera e campi da golf a 2000 metri di quota. Opere contenute nella “Bozza di Protocollo di Intesa”, il progetto di sviluppo turistico “Valmalenco 2015”, già “bocciato” con la bandiera nera della “Carovana delle Alpi” di Legambiente. Si tratta infatti dell’ennesimo assalto alla montagna gestito con totale spregiudicatezza e disinteresse per il valore ambientale di uno dei paesaggi più importanti della nostra regione, che andrebbe tutelato e non venduto a pezzi per alzare il valore delle seconde case di montagna. La proposta, redatta dalla “Società Funivia al Bernina”, è stata presentata al Comune di Chiesa e poi configurata nella forma di protocollo d’intesa.
“Si insiste su un modello di sviluppo turistico che non regge alla prova dei tempi – questo uno dei commenti degli ambientalisti - A indicare la situazione generale del settore dello sci alpino sono recentemente arrivati i bilanci delle società di impianti di risalita: in provincia sono tutte in rosso. Eppure in questo contesto di profonda crisi di un modello di attrattività basato solo sullo sci, in Valmalenco si pensa ancora di sviluppare il turismo sulle quote glaciali del versante settentrionale del Gruppo del Bernina realizzando una trama di strade, sistemi di piste e impianti che salgono sulle cime, da nuovi insediamenti e strutture sportive fuori contesto”.
A essere invasa dal cemento rischia di essere larga parte del massiccio del Bernina, con le sue eccezionali qualità ambientali e paesaggistiche, che avrebbe dovuto costituire la parte fondamentale di un Parco Regionale, idea osteggiata dagli operatori economici che purtroppo non si è concretizzata, lasciando senza difese queste vette.
Inoltre gli interventi previsti sono in contrasto con i contenuti del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) e con molti Piani di Governo del Territorio dei comuni interessati che dovrebbero attuare delle variazioni per consentire lo sviluppo del progetto. Tra le opere previste nel Protocollo ci sono un tunnel stradale tra Valmalenco e la Val di Fex in Svizzera. Impianti sciistici sui ghiacciai, collegamenti diretti con l’Engadina. Una funivia sul Pizzo Gluschaint (m 3.594) con piste sul ghiacciaio della Val Roseg. Un collegamento con l’impianto Corvatsch e piste da Musella. Un polo turistico con impianti a Franscia. Una pista di rientro che scende dal Palù a Vassalini (partenza della Funivia). E per non farsi mancare nulla anche degli impianti di golf sugli alpeggi Alpe Palù e Alpe Campolungo.
“Alcuni interventi hanno sapore di fantascienza – dichiarano i responsabili provinciali di Legambiente, Ruggero Spada e Giovanni Bettini-. Non sono questi i giorni migliori per chiedere finanziamenti pubblici. Il progetto reso pubblico oggi infatti si apre in una fase particolarmente critica per la Valmalenco e in generale per la montagna, sia per il generale indebitamento degli impianti di risalita sia per l’andamento del mercato immobiliare, rilevante in una valle imbottita di seconde case invendute. Forse gli stessi proponenti del progetto sperano che le fantasmagoriche prospettazioni servano a sollevare un poco l’afflosciarsi dei valori delle migliaia di residenze turistiche”.
Ma i contenuti del protocollo d’intesa sono pericolosi anche per gli impatti ambientali che ne deriverebbero e per costi che implicano. Si pensi ad esempio all’enorme quantità d’acqua necessaria per l’innevamento della prevista “pista di rientro” che scenderebbe fino a una quota intorno ai mille metri. Inoltre viene anacronisticamente riprodotto un modello basato principalmente sullo sci, che richiede elevatissimi investimenti, particolarmente a rischio dato il declino di questa pratica sportiva, e che dimostra di non sapersi mantenere in modo autosufficiente.
Una diversa qualificazione dell'offerta turistica della montagna lombarda è quanto da tempo chiede Legambiente, con la sua Carovana delle Alpi e con gli appuntamenti invernali di Nevediversa. “Dalla Val Masino ai monti lariani e alle Orobie, abbiamo fatto il pieno di partecipanti ad iniziative che domandano una diversa fruizione dei valori naturali e culturali di valli e borgate – dichiara Damiano Di Simine, presidente Legambiente Lombardia – abbiamo potuto toccare con mano il successo di formule turistiche che valorizzano tutte le stagioni, rinunciando all'invadenza di cemento e infrastrutture, praticando il rispetto degli spazi naturali e degli equilibri del paesaggio montano. Menù tipici in piccoli borghi, escursioni con le ciaspole, osservazioni notturne della volta stellata, visite di aree protette, danze popolari: sono gli ingredienti poveri di un piatto ricco, quello di un turismo sempreverde, l'esatto contrario delle colate di cemento il cui destino è, inevitabilmente, la svalutazione del territorio”. (6 marzo 2013)
Legambiente: è il mercato che boccia Pedemontana, Brebemi e TEM.
La musica sullo spartito del neogovernatore è stata già composta, Maroni la suonerà suo malgrado? E' una posizione molto scomoda quella occupata dal nuovo presidente fresco di proclamazione, e i dolori vengono dal fronte infrastrutture. “La Lombardia è sovraesposta finanziariamente per progetti autostradali che non si giustificavano quando furono concepiti, e si giustificano molto meno oggi in presenza di un calo del traffico destinato a trascinarsi a lungo - dichiara Dario Balotta, responsabile trasporti di Legambiente Lombardia -. A Maroni chiediamo la stessa cosa che abbiamo chiesto ai precedenti occupanti di Palazzo Lombardia: un drastico ridimensionamento dei progetti autostradali, a partire da quelli per i quali si sono già aperti i cantieri”. Ad essere nel centro del ciclone, tanto per cambiare, sono Pedemontana e TEM. Lo scontro in cui si sta assistendo in questi giorni tra il principale azionista pubblico, Serravalle Spa, e le banche (in primo luogo Intesa e Ubi) ha un sapore paradossale: da una parte c'è Serravalle che fa i salti mortali per ricapitalizzare Pedemontana e TEM e dall'altra le banche e Benetton che non credono più nei progetti autostradali cui loro stesse hanno dato vita e di cui sono allo stesso tempo azioniste e finanziatrici. A peggiorare il quadro, c'è il pessimo stato di salute di Serravalle: la società è agonizzante, essendo stata spolpata da una spericolata politica di acquisizioni societarie e da consulenze milionarie, ed è indebitata fino al collo, tanto che essa è in ritardo di anni sulla realizzazione dei lavori pattuiti con ANAS in sede di rinnovo delle concessioni autostradali in essere, per un importo pari a ben 750 milioni di euro di opere non realizzate, ma che avevano giustificato salatissimi ed automatici aumenti delle tariffe. L'insolvenza di Serravalle la espone ora al ritiro della concessione. D'altro canto il traffico nel 2012 è calato anche del 6,29% e i ricavi del 3,6%: anzichè prendere atto di questa situazione, Serravalle lancia appelli alle banche per la ricapitalizzazione di Pedemontana e Tem. Opere che oggi non devono temere solo l'ira di ambientalisti e comitati: “E' il mercato a non crede più che Serravalle possa rientrare dei capitali da investire, visto che queste due opere da sole hanno raddoppiato i costi ed il loro futuro traffico verrà ridimensionato dalla crisi economica, dall'apertura del traforo ferroviario del Gottardo e dalla necessità di sviluppare modalità di trasporto più sostenibili - conclude Balotta - Ci sono ancora grossi margini per una politica di riduzione del danno finanziario e ambientale arrecato da questi progetti sbagliati, ma non c'è tempo da perdere”. (18 marzo 2013)
Mesero e Marcallo con Casone: stop al cemento sulle aree agricole
“Il Programma Integrato di Intervento sovracomunale di Mesero e Marcallo con Casone deve essere sospeso”. Questo è il contenuto del parere che Regione Lombardia ha emanato ufficialmente e che così recita: “Dalla predetta nota regionale si evince chiaramente che, a far tempo dal 1° gennaio 2013, i procedimenti in variante al non più vigente PRG, come i PII, non sono attivabili e nemmeno perfezionabili”.
Quella che avrebbe potuto abbattersi sulle aree agricole dell'ovest milanese è una cementificazione per una superficie, attualmente agricola, pari a ben 250.000 metri quadri in prossimità dell'autostrada Milano-Torino. Una superficie immensa per una provincia che ha già perso quasi metà del proprio patrimonio di suoli agricoli, e che sarebbe passata sotto silenzio se non ci fosse stata la mobilitazione dei comitati locali supportati da Legambiente. Ma a fermare le betoniere ci ha pensato il parere di Regione Lombardia, ribadendo i contenuti della legge regionale che dispone il blocco dell'approvazione di piani attuativi per tutti i comuni inadempienti rispetto all'approvazione del proprio piano urbanistico. E Mesero è uno di questi. La Regione, interpellata, ha infatti confermato integralmente la tesi di Legambiente – non è possibile fare una variante ad uno strumento urbanistico decaduto - e ora il Comune non ha altra scelta che archiviare la procedura, se non vuole esporsi a una sicura azione legale con più gravi conseguenze.
“L’inutile sacrificio di 250.000 metri quadrati di aree agricole per un progetto totalmente indefinito per il momento è scongiurato - dichiara Paolo Lozza, responsabile urbanistica di Legambiente Lombardia - Auspichiamo che le Amministrazioni di Mesero e di Marcallo, un centrosinistra e un centrodestra evidentemente uniti da un patto di cemento, si convincano anche loro dell’errore e non tentino di ripresentare il progetto in altre forme”. (20 marzo 2013)
Giornata dell'acqua: gravemente insufficienti gli investimenti per il risanamento delle acque lombarde. Legambiente scrive agli assessori regionali
Si celebra la Giornata dell’Acqua, e per l’occasione Legambiente accende i riflettori sulla grande emergenza ambientale da tempo trascurata in Lombardia: quella della drammatica insufficienza e arretratezza del sistema fognario e depurativo, che richiede oggi ingenti investimenti per evitare le multe europee. Dal 1992, anno d’istituzione della Giornata Mondiale dell’Acqua, purtroppo è cambiato poco per lo stato di salute di falde e corpi idrici superficiali nella nostra regione. E gli attacchi continui ai corsi d’acqua in Lombardia, Olona e Lambro in particolare, lo dimostrano. Negli ultimi mesi si sono ripetuti sversamenti di tensioattivi e liquami nei fiumi ricreando preoccupanti analogie con il passato, quando i corsi d’acqua erano considerati al pari di canali di scolo per rifiuti di ogni genere. Il dato di fatto però è che, al netto delle condotte criminali, l'intera rete scolante da tempo è inadeguata a gestire le acque di scarico di una regione di 10 milioni di abitanti, e quindi sempre più spesso questi attentati alla vita dei fiumi sono legati a sistematici malfunzionamenti di fogne e collettori, che in tutte le provincie richiedono investimenti per svariati miliardi di euro. E se non bastasse il quadro desolante dello stato dei fiumi in pianura, le cose non vanno meglio in montagna, dove all'inquinamento si aggiunge il proliferare delle richieste di concessione per la produzione di energia idroelettrica. Nelle sole province alpine, esclusa Sondrio che ha introdotto una rigorosa regolamentazione, sono state centinaia le istanze sottoposte dal 2008 ad oggi e non esiste più fiume o torrente che non sia oggetto di almeno una richiesta di concessione per il mini idroelettrico (120 concessioni attive e 200 richieste a Brescia, 30 attive e 150 richieste a Bergamo, 61 richieste a Como, 7 attive e decine di richieste per 21 corpi idrici a Varese). Legambiente lancia un allarme anche sul problema nitrati. Troppo lentamente si stanno attuando le prescrizioni della Direttiva Nitrati della UE. Un problema che in Lombardia è accentuato dalla elevatissima densità di allevamenti zootecnici nella Bassa Pianura, ma che, soprattutto per quanto riguarda le falde, ha tra le proprie cause principali proprio l'obsolescenza e le perdite della rete fognaria, essendo i nitrati uno dei prodotti più persistenti dell'inquinamento da liquame fognario. Ben il 13% circa delle stazioni di monitoraggio di Arpa per le acque superficiali ha evidenziato, per il periodo 2008-2011, valori massimi delle concentrazioni di nitrati superiori ai 50 mg/l NO3, individuati come soglia dalle linee guida europee, e la situazione non dà segni di miglioramento. Di fronte alla gravissima situazione di inquinamento generalizzato delle acque di fiumi, laghi e falde della Lombardia, Legambiente ha preso carta e penna per segnalare la criticità ai neo-nominati assessori all'ambiente, all'agricoltura, alle infrastrutture e al territorio, esortandoli ad attivare e mantenere una task force sul risanamento idrico.
“Alla giunta Maroni chiediamo un forte impegno per mettere in campo un programma di infrastrutture fognarie e depurative adeguato a perseguire gli obiettivi vincolanti imposti dalla direttiva europea sull'acqua - dichiara Damiano Di Simine, presidente di Legambiente Lombardia - Il sistema delle infrastrutture e quello dei controlli risultano ancora gravemente insufficienti. Siamo consapevoli che si tratta di materia complessa e che richiede la mobilitazione di risorse per investimenti plurimiliardari, per questo auspichiamo uno sforzo trasversale agli assessorati, attraverso una task force regionale che integri le politiche regionali e rafforzi gli strumenti in questo settore estremamente strategico, a partire dall'attività di monitoraggio e di messa a disposizione di tutti i cittadini delle informazioni sullo stato di salute della risorsa idrica, informazioni oggi spesso inesistenti e comunque poco o per nulla accessibili”.
Il quadro gravissimo di inquinamento delle acque è solo in parte mitigato dalla grande disponibilità di risorse idriche in Lombardia: le precipitazioni ci garantiscono l’arrivo di circa 27 miliardi di metri cubi di acqua ogni anno, e non mancano sistemi naturali di accumulo per far fronte alle siccità: nevai, ghiacciai, laghi e falde fanno della Lombardia una delle regioni d'Europa con maggior disponibilità idrica. Nonostante ciò abbiamo problemi ciclici di scarsità idrica nei mesi caldi. Tra le cause di questa situazione sicuramente c’è l’eccessivo prelievo d’acqua. In Lombardia ogni goccia d'acqua che cade dal cielo viene usata cinque volte prima di defluire verso il mare, infatti i prelievi idrici si attestano a quasi 130 miliardi di m3/anno, gran parte dei quali (il 72%) prelevati e reimmessi nei fiumi dopo aver azionato le turbine delle centrali idroelettriche. “L’eccessivo sfruttamento provoca enormi problemi di qualità delle acque superficiali e sotterranee, perché avviene a scapito della circolazione idrica naturale necessaria a mantenere vivo l’ecosistema e a diluire gli inquinanti – insiste Di Simine - quantità e qualità vanno di pari passo e per questo è fondamentale puntare ad aumentare le portate dei corsi d’acqua e delle falde riducendo i consumi superflui e gli sprechi, particolarmente rilevanti nei settori civile e agricolo”.
Il settore agricolo è di gran lunga il principale utilizzatore d’acqua in Lombardia, la percentuale per il solo comparto irriguo-agricolo, al netto degli usi energetici, arriva fino all’84% del totale. Gli altri usi significativi sono quello civile con l’11% e l’uso industriale con il 5%. Per gli usi civili siamo particolarmente spreconi: la media di consumo dei lombardi è di oltre 200 litri/abitante al giorno, una enormità in rapporto ai 130 litri/ab di Paesi come la Germania. La priorità è senz'altro quella di ridurre i consumi idrici in agricoltura, il settore più esigente e che più di tutti deve mettere in campo strategie di adattamento al nuovo contesto di variabilità climatica, modificando orientamenti colturali e privilegiando colture meno esigenti, favorendo il risparmio idrico e il riutilizzo a fini irrigui delle acque depurate.
La grande emergenza lombarda si conferma l’annoso problema degli scarichi inquinanti civili ed industriali, dei depuratori mal funzionanti e dell’artificializzazione dei corsi d’acqua che fanno sì che ad oggi il 50% dei nostri corsi d’acqua non raggiunga uno stato di qualità accettabile. Siamo ben lontani, dunque, dagli obiettivi che la Direttiva Quadro sulle Acque (2000/60/CE) ci impone di raggiungere entro il 2015. (21 marzo 2013)
BreBeMi. Trovata la quadra, il finanziamento azzardato lo pagano i pensionati con Cassa Depositi e Prestiti
Con la chiusura del contratto di finanziamento a Brebemi, dopo continui rinvii legati all'indisponibilità degli investitori privati a rischiare i propri soldi per finanziare un'autostrada sostanzialmente inutile, si apre un nuovo capitolo dell'uso distorto delle risorse di liquidità, il bene più raro e prezioso in questi anni di crisi: anzichè investire in sviluppo e imprese, i soldi dei risparmi postali degli italiani serviranno a spalmare asfalto nella Pianura Padana, facendo chiudere qualche decina di imprese agricole. Avere la certezza del finanziamento di 1,8 mld, il costo della Brebemi esclusi gli oneri finanziari, due anni dopo l’avvio dei lavori, è poi una anomalia tutta italiana ed un modo singolare di interpretare la finanza di progetto, un vero azzardo. Ma del resto un azzardo è quello di pensare di coprire i costi dell’opera (triplicati nel frattempo) con pedaggi quadrupli rispetto a quelli della parallela e concorrente A4 sulla Milano-Brescia in una fase di traffico calante. Cosi come è impensabile far rientrare i capitali investiti con un’autostrada che una volta completata finirà nei campi di Melzo e in un nuovo collo di bottiglia, perché la Tangenziale esterna milanese, a sua volta, non trova i finanziatori dei 33 km di nuova inutile autostrada.
“Prendiamo atto che il maggior finanziatore di Brebemi con 750 milioni, la Cassa deposti e Prestiti, sta operando come una nuova IRI - sentenzia Dario Balotta, responsabile trasporti di Legambiente Lombardia - Infatti anziché finanziare l’economia reale a tassi agevolati usa i risparmi postali della tesoreria dello Stato per finanziare autostrade di dubbia utilità mentre imprese e Comuni sono soffocati dai debiti e la disoccupazione esplode”.
Ma l’altra grave anomalia sta nel fatto che nel board della Cassa Depositi e prestiti vi sia Guido Podestà, il presidente della provincia di Milano che, approvando il finanziamento a Brebemi, ha approvato questo finanziamento alla Serravalle (controllata dalla Provincia, cioè da se stesso) che detiene l’8% della stessa Brebemi.
“Ogni piano per giustificare l'impossibile redditività delle nuove autostrade lombarde è inficiato da commistioni e conflitti di interesse che nulla hanno a che fare con meccanismi moderni e trasparenti di finanziamento, e men che meno di una politica di sostenibilità dei trasporti regionali - conclude Damiano Di Simine, presidente di Legambiente Lombardia -. Maroni purtroppo si conferma come il continuatore della disastrosa politica dei trasporti delle ultime giunte Formigoni, speriamo che le forze di opposizione questa volta battano un colpo, o sarà un disastro non solo per l'ambiente, ma anche per l'economia lombarda”. (25 marzo 2013)
Inquinamento di Lambro e Po: rinviato il processo Lombarda Petroli
“Allarme e preoccupazione”. Si può sintetizzare con queste parole la reazione di Legambiente Lombardia dopo l'udienza di questa mattina a Monza per il processo contro i responsabili della Lombarda Petroli imputati per il disastro ambientale del Lambro del febbraio 2010. “Il rinvio al prossimo luglio per valutare esclusivamente alcune questioni preliminari non ci tranquillizza affatto – dichiara Sergio Cannavò, responsabile Ambiente e Legalità di Legambiente Lombardia – il rischio è che dovranno passare quasi quattro anni dal giorno dello sversamento prima che si possa iniziare con il processo vero e proprio e quindi con la possibilità di accertare le responsabilità”. Per l'associazione ambientalista è il sistema giudiziario italiano, con le sue tante lacune, a non offrire un'adeguata tutela all'ambiente. “Oltre alla cronica insufficienza delle sanzioni penali per chi si macchia di questo tipo di reati – prosegue Cannavò - il nostro Paese sconta l'arretratezza e la lentezza del proprio sistema penale, che spesso permette, soprattutto quando gli imputati sono “colletti bianchi”, di allungare a dismisura i tempi dei processi e di vanificare il lavoro di magistrati e forze dell'ordine. A farne le spese rischiano di essere i comuni cittadini, compresi quelli, come noi di Legambiente, che hanno a cuore la difesa dell'ambiente e del territorio”. (25 marzo 2013)
Green Economy: Lombardia sempre più rinnovabile (nonostante A2A)
Il rapporto “Comuni Rinnovabili” presentato oggi a Roma da Legambiente e GSE scatta una fotografia sorprendente dell'evoluzione delle energie rinnovabili in Italia: un settore che solo un decennio fa appariva poco più che un auspicio, ancorato com'era al tradizionale pilastro del grande idroelettrico, oggi invece produce quasi un terzo della domanda interna di energia elettrica, con centinaia di migliaia di installazioni nella quasi totalità dei comuni italiani. Anche la Lombardia fa la sua parte, risultando la seconda regione italiana (dopo la Puglia) per produzione fotovoltaica, ma prima in termini di numero di impianti. E' prima invece per diffusione di impianti a geotermia a bassa entalpia (con pompe di calore). Certo, non è tutto oro e tra le pieghe ci sono anche investimenti speculativi di breve respiro, ma il dato deve far riflettere perché ad essere scosso nelle sue fondamenta è un sistema di approvvigionamento che per decenni ha dato per scontata la dipendenza da fonti fossili e da grandi centrali inquinanti. E dovrebbe far riflettere soprattutto i “big player”, i grandi operatori del mercato energetico, che invece restano legati al loro tradizionale asset: la produzione da fonti fossili, un investimento sicuro nei decenni passati, ma sempre più volatile oggi, con una domanda in calo per l'effetto combinato di crisi economica e aumentata efficienza energetica, e un'offerta sempre più coperta da fonti alternative. E tra i colossi dai piedi d'argilla c'è A2A, le cui politiche industriali sono quanto di più refrattario alla rivoluzione energetica in corso, nonostante la maggioranza pubblica del suo azionariato.“La Lombardia oggi è tra le regioni più attive nella generazione da fonti rinnovabili, e merita una grande azienda energetica più capace di cogliere e di anticipare le innovazioni, tra le quali ad esempio lo sviluppo delle reti intelligenti nelle aree urbanizzate e nei distretti industriali - dichiara Damiano Di Simine, presidente di Legambiente Lombardia - Non è così per A2A, arroccata in posizioni destinate a diventare sempre più indifendibili e del tutto incapace di muoversi e di investire nei settori emergenti dei servizi per l'efficienza energetica e della produzione da nuove fonti rinnovabili, in primo luogo rivolti agli enti pubblici che ne sono azionisti di riferimento. A2A non ha scelta: o diventa guida del cambiamento di modello energetico, oppure si condanna a un declino inesorabile”.