“Perché? Ma se lo chiedono gli uomini, tutti quanti, anche i più irreprensibili, e generosi, e ahi! innamorati?” si interroga Natalia Aspesi su Repubblica, all'indomani dell'ultima uccisione di una giovane donna, da parte del suo cosiddetto innamorato.
Ha ragione: non è una questione che riguarda solo le donne, non siamo solo noi a doverci rattristare, arrabbiare, manifestare... Si tratta soprattutto di una questione di uomini, poiché sono uomini coloro che violentano, stuprano, uccidono le donne. Sono gli uomini che devono spiegarsi, spiegarci le ragioni profonde della loro guerra contro le donne.
La società in cui viviamo appare oggi caratterizzata dalla violenza, a cominciare dal saccheggio dell'ambiente naturale, dell'aria, dell'acqua, del suolo, fino ai vandalismi perpetrati verso le bellezze della nostra Italia, denunciati con sbigottimento e compassione da Gian Antonio Stella. E poi, il femminicidio. Sempre più frequente e intollerabile corollario di questa discesa agli inferi dell'animo umano. Non serve richiamarci continuamente ai valori costituzionali, né alle leggi, né proclamarci un paese di cattolici, ritenendoci pertanto migliori degli altri. No, non serve.
Una siffatta dichiarazione di guerra alla libertà femminile non può cher avere cause insite nella cultura del dominio che nei secoli ha assoggettato le donne agli uomini; nelle radici profonde che ancora pervadono troppi, incapaci di considerare l'amica, la compagna di vita un essere libero di scegliere, o anche di sbagliare le proprie scelte, che meritano comunque rispetto. La sottomissione delle donne, l'epoca dei “maschi padroni”, come titola Aspesi, è finita. I violenti devono farsene una ragione.
Non è lontanissimo infatti il tempo in cui la nostra società era organizzata sulla divisione dei ruoli sessuali: gli uomini al lavoro, le donne a casa, dove il lavoratore (come il guerriero un tempo) tornava per riposare, per essere accudito e ubbidito. Tutto in equilibrio. Apparentemente però. Perché lo scontento delle donne è esploso, negli anni settanta, per rivendicare la libertà di poter stare nel mondo facendo le proprie scelte, esprimendo le proprie capacità, i propri talenti, come facevano da secoli gli uomini, dato che il solo lavoro di cura e accudimento, privo di valore per il mercato, non era considerato un gran ché.
Le scelte delle donne hanno certamente creato uno scompiglio in situazioni socialmente e culturalmente consolidate. E si dovrà ancora lottare per rompere la resistenza dei troppi maschi incollati alle poltrone del potere, per raggiungere una presenza paritaria di uomini e donne in tutti i luoghi in cui si decidono gli interessi del nostro Paese. Questi, dovranno fare più di qualche passo indietro per fare spazio alle donne, e non sarà facile. Ma sarà giusto, se vogliamo vivere veramente in una società in cui donne e uomini abbiano uguali diritti: non ci basta più sentire agitare parole, e promesse.
Per rifondare il rapporto tra donne e uomini è necessario smantellare la supremazia di un genere sull'altro: la diseguaglianza genera ingiustizia, e debolezza, ed è essa stessa violenza. Dobbiamo imparare a camminare insieme, nel rispetto l'uno dell'altra: il mondo che verrà, sarà quello che sapremo costruire.
Tonina Santi