E adesso il mugugno degli italiani chiamatelo pure populismo e moralismo. La verità indigesta è però venuta a galla; emersa nelle sembianze del re nudo: i partiti, tutti, negli innumerevoli anni di vita parlamentare hanno votato e rivotato privilegi a loro favore, dai continui aumenti dei loro compensi agli ingiusti vitalizi; dagli esosi “rimborsi” gonfiati, erogati persino a partiti non più esistenti di destra e sinistra ad un parlamento mantenuto numerosissimo e costosissimo, che solo oggi si comincia a denunciare, con voce neanche troppo convinta.
E che dire delle spese folli delle regioni, dalla Sicilia alla Lombardia, dove governatori megalomani hanno gonfiato il numero dei propri dipendenti, strapagandoli, e c'è chi si è costruito propri appartamenti nella sede istituzionale, mantenendo pure una rappresentanza in quel di New York?
Che autonomia significasse poter spendere e spandere a piacimento non l'avevamo capito.
Senza contare le buonuscite da favola a dirigenti pubblici, anche quelli che hanno fatto male il loro lavoro. Tutto è avvenuto senza preoccuparsi del debito pubblico che inesorabilmente continuava a gonfiarsi; tutti uniti a ballare su un Concordia senza pensare che sarebbe giocoforza affondato.
Ma noi, popolo sovrano, dove eravamo? Lo sapevamo? Non lo sapevamo? O piuttosto non volevamo saperlo, ciascuno legato al proprio partito come ad una fede, a un disperato bisogno di fidarsi.
Snobbato il referendum contro il finanziamento ai partiti, si è rimediato subito alle nostre spalle, sicché milionate di quattrini non dovuti si sono riversati nelle loro casse dalle nostre tasse. In quel parlamento, c'è forse stato qualcuno che non ha voluto essere complice di tanto arraffare? Che ha fiatato? Che si è palesemente indignato? Qualcuno che potrebbe a ragione lamentarsi della frattura venuta a crearsi tra politica e cittadinanza? Con tutto questo denaro si è forse costruita buona politica? Se così fosse i cittadini dovrebbero riconoscerla, ma se ciò non avviene può significare che c'è un difetto di comunicazione importante tra loro e i partiti.
Ora, il risanamento del debito pubblico chiede sacrifici che sono enormi per chi ha poco. La politica costa? Certamente. Ma quanto deve onestamente costare non è dato di sapere. Costa anche il vivere quotidiano di molte famiglie che però non possono attaccarsi a quella greppia, anzi, devono sempre più contribuire a rimpolparla.
La politica rappresentata dai partiti dovrebbe invece operare per cambiare in meglio questa povera Italia, per realizzare davvero il bene comune, per dare un orizzonte al domani. E' questo il suo dovere verso di noi “popolo sovrano”.
Con queste verità bisognerà fare i conti prima che Monti se ne vada. Occorrerà ristabilire cosa sono e cosa devono essere i partiti, quanti i parlamentari, quali i loro comportamenti, quali i loro rapporti coi cittadini ignari, che sono stati mantenuti tali fino a quando la stampa, dopo le oscenità berlusconiane, ha fatto cadere gli ultimi veli, detto la nuda verità, che riguarda anche il centro sinistra: Lusi che ha rubato ciò che la Margherita, tramite appropriate leggi, aveva tolto a noi, e Penati (e quanti altri?), i quali tuttavia continuano a stare abbarbicati ai loro scranni.
Basterà continuare a dire che la sinistra però è meno coinvolta della destra? Non credo. Chi vota a sinistra ha sempre preteso più etica, più giustizia, più moralità, doti che vanno continuamente esercitate: non basta scriverlo negli statuti. Non bisogna nemmeno sperare che, passata la prima settimana, la stampa si occuperà di altro, così che ogni accadimento si ponga sopra i precedenti, soffocandone la necessità di mantenerli vivi, per non tornare a ripetere gli errori fatti.
I danni collaterali di ciò che è avvenuto sono gravi e riguardano l'esempio dato a quel giovane popolo che chiamiamo il nostro futuro.
Tonina Santi