La politica energetica di questo governo per ora non esiste: eppure, senza che si apra alcun confronto pubblico su un tema cruciale per l’occupazione, il clima e la salute, l’esecutivo non si esime dal ricorrere a provvedimenti nascosti nelle pieghe di “maxiemendamenti”, per sostenere lobbie, ingarbugliare regolamenti di incentivazione, esaltare la propensione finanziaria della gestione dei monopolisti nazionali del settore. Così, senza alcun comunicato ufficiale di riscontro, in queste settimane ENEL ha contattato i broker internazionali e la congregazione dei JP Morgan, Barclays, Ubs, Cheuvreux, Bank of America, Merill Lynch, che ne hanno declassato il titolo. Colpa della crescita del prezzo del gas? Non credo, dato che nel 2010 il 64% della generazione termoelettrica ENEL nel perimetro nazionale è stato a carbone. In verità, la colpa è della discesa della produzione di elettricità dovuta alla crisi, perché al mercato non piace una riduzione e a questa finanza non interessa alcun cambio di paradigma e tanto meno la sostenibilità. Per JP Morgan il valore di una società è direttamente proporzionale alla sua capacità di fare utili, non certo alla diminuzione dell’impatto ambientale o al suo valore industriale. Perciò, bisogna produrre a basso prezzo (con il consenso del governo, per l’emergenza del gran freddo, ENEL ha fatto ripartire, non solo per lo stretto necessario, le centrali ad olio combustibile al posto del gas) e tagliare: sulla manutenzione programmata e sugli investimenti in particolare. E se poi si diversificasse per investire sulle rinnovabili, lo si fa solo su grandi concentramenti di impianti per far cassa con gli incentivi, dato che il famoso “governo dei tecnici” non ha uno straccio di politica industriale e allora…comanda il rating e il ritorno a breve.
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