Si cercano adesioni!
Noi della Rete Civica Italiana, Movimento Stop al Consumo di Territorio e Coordinamento Nord Sud del Mondo stiamo organizzando una campagna con un duplice scopo:
1) fare pressione su Intesa Sanpaolo per chiedere di non finanziare le nuove autostrade lombarde.
2) far prendere coscienza ai cittadini di quanto sia importante usare i soldi in modo critico (voto con il portafoglio) in questa epoca in cui la finanza prevale sulla politica
Stiamo pertanto cercando gruppi/enti ecc. che promuovano alla pari con noi questa iniziativa.
Motivazione. Il Gruppo Intesa Sanpaolo finanzia grandi infrastrutture come Pedemontana, Brebemi, Tem e autostrada Cremona-Mantova, che perseverano nell'adozione di un modello di trasporto, quello su gomma, che ormai è sorpassato. Esse comprometteranno un territorio già fortemente inquinato, abbasseranno la qualità della vita e allontaneranno ulteriormente il nostro paese dagli obiettivi di Kyoto. Questa campagna nazionale intende quindi aprire un confronto tra i cittadini italiani e gli istituti di credito attivi nel finanziamento di nuove grandi opere. In un periodo caratterizzato dall’evidente segnale di una crisi economica e sociale di “sistema”, che obbliga tutti noi allo sforzo di identificare un nuovo modello di gestione del presente e del futuro, abbiamo ritenuto che le azioni sviluppate a difesa dei paesaggi, dei territori e dei beni comuni nei confronti degli amministratori (che qualche importante risultato inizia a far intravedere), dovessero essere affiancate da una specifica richiesta di “cambiamento” anche al mondo dei finanziatoridi nuove impattanti opere (ormai anacronistiche in questo momento storico). Occorre far capire che “il voto con il portafoglio” è un'arma molto potente e ancora troppo sottovalutata: il suo buon uso è una nostra responsabilità quotidiana.
Strategia. In questo dossier proponiamo di esercitare la nostra pressione su Intesa Sanpaolo, che risulta essere l’istituto di gran lunga più coinvolto nei tre progetti. Il nostro invito è che ognuno scriva al direttore della sua filiale e, in caso di risposte insoddisfacenti, interrompa ogni rapporto con la banca spostando il conto su altri istituti più attenti come Banca Etica o le MAG. Ovviamente la decisione di interrompere il rapporto va comunicata sia ai promotori della campagna che alla direzione della propria banca. E’ un’azione che ovviamente non sostituisce altre forme di pressione, ma vuole essere uno strumento che integra le iniziative dei comitati e dei cittadini, che possono in questo modo promuovere la loro lotta nonviolenta in tutto il paese. L’iniziativa potrebbe anche offrire spunti e suggerimenti per altre situazioni analoghe nel paese.
Tempi. Fino al 10 dicembrecerchiamo ADESIONIda parte di gruppi, associazioni o qualsiasi altra organizzazione che ha a cuore la difesa del territorio, per poi lanciare un comunicato stampa e partire con la campagna su larga scala. Per questo dobbiamo aderire in tanti, per dare forza all’iniziativa e smuovere la situazione, forti dei risultati già ottenuti in campagne analoghe (Es. la Campagna Banche Armate, che ha prodotto cambiamenti nelle politiche sugli armamenti di importanti gruppi bancari).
Per le realtà che aderiscono e che poi vogliono fare di più. In un periodo di tempo che concorderemo effettueremo volantinaggi in tutta Italia fuori dalle sedi del Gruppo Intesa Sanpaolo per dire cosa stanno facendo rispetto al territorio, chiedendo ai correntisti e ai propri associati/attivisti che abbiano il conto corrente con il Gruppo Intesa di andare dal direttore a chiedere chiarimenti sul comportamento della Banca ed eventualmente cambiare istituto.
Riportiamo di seguito il testo dell’introduzione al dossier di presentazione (che trovate completo su www.retecivicaitaliana.ito su www. Vizicapitali.org e che comunque vi alleghiamo). Le adesioni devono essere inviate a: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Perché ancora strade?
8.200 morti nelle 13 principali città italiane, di cui 7.000 solo nella pianura padana secondo il Centro europeo ambiente e salute Oms (dati dell’Agenzia europea per l’ambiente, febbraio 2011), 50.000 morti all’anno in tutta Italia secondo il Programma Clean Air for Europe della Commissione Europea (febbraio 2011), quasi mille morti all’anno solo nella città di Milano. E potremmo continuare. Qualunque sia la fonte, il metodo applicato e il numero complessivo di vittime, è evidente che siamo di fronte ad una vera e propria strage. I numeri sono certamente quelli di una guerra, ma stavolta l’ecatombe è provocata da un killer molto più silenzioso e impalpabile: l’inquinamento atmosferico. Responsabili sono sostanze chimiche come monossido di carbonio, piombo, idrocarburi policiclici aromatici, benzene e le famigerate polveri sottili (Pm10). Esse provengono dalle industrie, dai riscaldamenti delle nostre case e soprattutto dai trasporti, che da soli producono il 34,7% del Pm10, il 55% del benzene, il 51,7% degli ossidi di azoto e il 43,1% del monossido di carbonio (Legambiente, Mal’aria di città 2011).
Ma se questo è il problema, i nostri amministratori dovrebbero adottare misure che riducano il trasporto privato su gomma e promuovano l’uso della ferrovia, come sta avvenendo in tutta Europa. In Italia, invece, i nostri governi continuano a spendere miliardi di euro per costruire grandi arterie stradali ed autostradali, anche in territori già densamente popolati e infrastrutturati.Una scelta miope e irresponsabile e uno spreco di denaro pubblico, ben sapendo che tra pochi anni il petrolio sarà in via di esaurimento, mentre mancano risorse per le scuole e gli ospedali. Eppure l’Italia avrebbe bisogno più di altri di scelte decise contro l’inquinamento (siamo anche ai primi posti per numero di automobili rispetto alla popolazione) almeno per ridurre i ritardi accumulati. Infatti da sei anni è in vigore il Protocollo di Kyoto – un trattato internazionale che punta a ridurre le emissioni di gas che alterano il clima e prevede pesanti sanzioni per i paesi che non lo rispettano – ma l’Italia si è distinta per una clamorosa inadempienza: mentre l’Europa ha ridotto le proprie emissioni del 2,2% (la Germania del 18,1%) il nostro paese le ha aumentate del 9,9%, quando avrebbe dovuto ridurle del 6,5%. (Legambiente Lombardia, Le nuove autostrade lombarde non portano a Kyoto, dossier 2009)
In questo contesto la Lombardia spicca per l’arretratezza delle sue politiche sulla mobilità e, invece di seguire l’esempio di regioni avanzate come l’Ile de France, la Ruhr, la Greater London o la regione di Madrid, che hanno investito nel trasporto su ferro, continua a inseguire lo stesso modello degli anni ’60, quando il nostro paese viveva per la prima volta l’avvento della motorizzazione di massa. Oggi, casi emblematici di questa di obsoleta politica sono le grandi infrastrutture lombarde, prime fra tutte la Pedemontana, la Bre.be.mi., la Tengenziale Est Est Milano (Tem) e l’autostrada Cremona-Mantova, che abbiamo preso ad esempio di una strategia che sta impattando pesantemente sul delicato equilibrio ambientale e sulla nostra salute.E’ lo stesso modello che sta portando ad un consumo dissennato del territorio, a cementificazioni selvagge e all’impoverimento delle risorse naturali primarie. Al tempo stesso assistiamo a una profonda crisi della rappresentanza politica e a un grave scollamento tra istituzioni e società civile, laddove i partiti al potere rispondono sempre più agli imperativi dei gruppi economici che li sostengono.
A queste scelte distruttive – alimentate da potenti interessi economici e finanziari – bisogna porre un freno, chiamando a raccolta tutte le associazioni, i gruppi, i comitati, i singoli cittadini, le forze sociali e politiche.Per questo occorre organizzarsi con forme di pressione democratiche e nonviolente, ma efficaci, che pongano un limite alla distruzione del territorio.Una via da percorrere, accanto ai tradizionali percorsi istituzionali (petizioni, ricorsi, manifestazioni, ecc), è quella dell’obiezione finanziaria.Non dobbiamo dimenticare che la realizzazione di grandi opere è resa possibile dal sostegno finanziario di grandi banche, che spesso entrano anche nella compagine azionaria delle società concessionarie. Allora, considerata l’insensibilità della classe politica, perché non fare leva proprio sugli istituti di credito, che operano grazie ai nostri soldi? Perché permettere che i nostri risparmi vengano utilizzati per finanziarie progetti distruttivi?
Il caso della Lombardia è emblematico e perciò lo abbiamo preso come modello, oggetto di questo dossier e delle iniziative che speriamo seguiranno. La Lombardia è uno dei centri propulsori dell’economia italiana e le sue nuove grandi arterie sono considerate prioritarie nel piano di sviluppo infrastrutturale del paese, sebbene all’interno di una logica che i paesi più avanzati hanno abbandonato da tempo. Esse rispondono anche a un modello di crescita illimitata del PIL che ormai ha mostrato il fianco e comincia ad essere messo in discussione in diverse sedi nazionali e sovranazionali, a vantaggio di un nuovo concetto di benessere, slegato dalla logica angusta dello sviluppo quantitativo.Quello che succede il Lombardia interessa tutti, poiché qui si gioca molto delle scelte politiche ed economiche del paese e delle strategie dei governi attuali e futuri. Un’opposizione decisa, diffusa e costante da parte della società civile è il primo passo di un nuovo corso nella gestione del territorio, che non può ignorare le istanze delle persone che vi abitano a vantaggio dei soliti nomi dell’industria e della finanza. Pedemontana, Bre.be.mi, Tem e Cremona-Mantova danneggeranno la vita dei residenti e degli agricoltori, elimineranno molte terre coltivate, aumenteranno l’inquinamento e la cementificazione, per questo bisogna opporsi.