Con il pretesto delle necessità “sanitarie” la Provincia di Como ha aperto in sordina la caccia al camoscio a partire dal 12 dicembre sulle montagne comasche. Si afferma che questa caccia sarebbe indispensabile per garantire la buona salute degli animali. Si sostiene erroneamente che non selezionando i camosci questi crescerebbero eccessivamente di numero, darebbero luogo a malformazioni dovute alla consanguineità e propagherebbero malattie. Qualcuno è arrivato sino a dire che i camosci diverrebbero ciechi, deformi, zoppi, con corna incrociate e così via.
Queste affermazioni sono prive di fondamento e sono contraddette dalla realtà.
Sul versante svizzero del Generoso, a sud del Ponte diga di Melide, dopo una lunga e impegnativa battaglia popolare, la caccia al camoscio è semplicemente vietata da qualche anno. Nessuno dei fenomeni patologici sopra indicati si è verificato e nell’areale del Monte Generoso vivono tra duecento e trecento camosci in ottima salute, che si autoregolano anche in relazione col territorio dove si nutrono e con le condizioni climatiche degli inverni che si succedono.
La convivenza con gli umani è ottima e tutti sono contenti della presenza di questi splendidi ungulati sulla nostra montagna.
Nessuno ha sinora cancellato con motivazioni serie l’impressione che l’apertura di questa speciale caccia “sanitaria” sia il risultato di pressioni provenienti dall’ambiente venatorio: cacciatori che vogliono ad ogni costo avere prede da abbattere, concesse anche sul piano legale, oltre quanto lo sporadico bracconaggio già si permette malgrado il severo controllo degli enti pubblici.
La cosa ci preoccupa molto, poiché i camosci che si possono abbattere in territorio italiano sono i medesimi che vivono sul territorio svizzero. Gli animali non conoscono frontiere e chi frequenta la montagna vede sovente singoli splendidi esemplari o piccoli gruppi passare dall’Italia alla Svizzera o viceversa, ovviamente incuranti delle nostre contraddittorie regolamentazioni. Chi volesse accertarsene, salga per esempio sui sentieri che da Orimento portano al Monte Generoso e vedrà qualche bel camoscio che dopo aver risalito gli impervi valloni del versante occidentale scende nelle vallette verso Erbonne e la Valle di Muggio. E sarà sempre un’emozione.
Si può mettere in parallelo questa assurda disposizione con quanto è avvenuto negli scorsi giorni sul Bisbino. Uno splendido cervo (in eccesso secondo l’amministrazione provinciale) è stato malamente colpito al torace e si è trascinato a morire con atroci dolori lungo la strada sopra Madrona. L’hanno trovato agonizzante Franco e Graziella Edera che hanno segnalato l’evento anche su LA PROVINCIA, insieme ad un bell’articolo di Mario Chiodetti.
Questa lettera vuol essere ancora una volta un invito pressante alle autorità italiane e svizzere affinché cerchino regolamentazioni rispettose della vita degli splendidi animali delle nostre montagne, una ricchezza insostituibile rispetto alla nostra umana invasività fatta di automobili, di rumore, di fucili, di occupazione indifferente degli spazi della natura.
Solo una forte pressione dell’opinione pubblica potrà produrre qualcosa. Si fermi per intanto l’inutile caccia e non la sia riapra mai più.
Tita Carloni,
coordinatore dell’Associazione degli amici dei camosci del Monte Generoso, Rovio (Ticino)