
PUBBLICAZIONE DEL VOLUME:
Gianfranco Giudice, Un manicomio di confine. Storia del San Martino di Como, Laterza, Roma – Bari 2009, pp. XIII – 300, 24,00 euro, con una Introduzione di Vittorio A. Sironi, nella collana di “ Storia della medicina e della sanità “ diretta da G. Cosmacini e V. A. Sironi
L’AUTORE:
Gianfranco Giudice è nato a Como nel 1961, laureato in Filosofia all’Università Statale di Milano. E’ stato dirigente politico e amministratore pubblico del PCI e del PDS in provincia di Como tra gli anni ’80 e ’90. E’ docente di Filosofia e Storia presso il Liceo Scientifico Statale “ Paolo Giovio “ di Como. Per anni ha svolto attività di ricerca in ambito filosofico, attualmente si dedica alla ricerca nel campo della storia sociale. Ha pubblicato Benedetto Croce ( Rimini, 1994), Tempus
( Castel Maggiore, 1994), Eterno e temporalità in S. Agostino ( Cassago Brianza, 1996). Ha pubblicato saggi filosofici sul sito www.filosofia.it, a cui collaborano importanti filosofi italiani e stranieri.
PRESENTAZIONE DEL LIBRO:
Per i comaschi “ finire a San Martino “ per oltre un secolo ha significato essere matti, perché sulla collina del borgo comasco omonimo, dal 28 Giugno 1882 era attivo il manicomio provinciale di Como. Sono stati circa quarantamila i “ matti “ del San Martino, le donne e gli uomini passati nei padiglioni dell’Ospedale Psichiatrico Provinciale di Como: poveri contadini ammalati di pellagra, mentecatti e vagabondi, casalinghe isteriche o in preda al delirio delle puerpere, oppure catturate dal buio della malinconia, bambini di pochi anni abbandonati dai genitori perché troppo poveri per poterli sfamare, operai e muratori alcolizzati, emigrati meridionali e veneti che venivano rimpatriati per l’insorgere della malattia mentale e così finivano nel manicomio di Como, perché la città lariana si trova sulla frontiera internazionale con la Svizzera. Tante storie di sofferenza e dolore sono il corpo vivo della storia del manicomio provinciale San Martino di Como che il libro di Gianfranco Giudice racconta e analizza. Quella del manicomio di San Martino è una storia lunga un secolo in cui il territorio lariano si è trasformato da agricolo in industriale, ed ha accolto decine di migliaia di immigrati, molti dei quali finirono nel manicomio comasco a causa di quella che la psichiatria dell’epoca ha chiamato psicopatologia del delirio dell’emigrato. Quali erano un tempo i meccanismi dell’internamento manicomiale ? Il libro di Giudice li analizza, nel contesto della storia della psichiatria e dell’istituzione manicomiale in Italia tra ‘800 e ‘900, alla luce della legge sugli alienati del 1904 che per circa settant’anni ha regolamentato i ricoveri in manicomio. Il suo principio fondante era quello che poteva essere rinchiuso in ospedale psichiatrico in maniera coatta, chiunque fosse stato dichiarato da un certificato medico “ pericoloso a sé o agli altri “ , oppure di
“ pubblico scandalo “. Accanto alle statistiche sui malati e le malattie dei circa quarantamila folli comaschi transitati dal San Martino dal 1882 al 1980, il libro narra le storie di vita di chi veniva spedito in manicomio, magari perché in un paese il Sindaco, il Parroco, il Medico e il Comandante dei Carabinieri, avevano di concerto deciso che una certa persona, per la salvaguardia della quiete e del decoro pubblico, fosse opportuno che non circolasse più liberamente. A volte però poteva capitare che il Direttore del manicomio rompesse il gioco di chi comandava in paese, e si frapponesse con successo a certi ricoveri ingiustificati, sulla base del principio che il manicomio non era un reclusorio o un carcere, come si credeva un tempo, bensì un ospedale dove curare la pazzia. La cura tuttavia era spesso impossibile e la psichiatria si mostrava impotente, perché la vera malattia era per molti dei cosiddetti “ alienati “ la miseria. Miseria che travolgeva tante povere esistenze, la cui disperazione in manicomio finiva nascosta dietro la maschera delle astratte classificazioni psichiatriche.