di Giovanni Papa

Si è appena spenta l’eco dei mondiali 2022 in Qatar che già i bambini nel mondo riescono ad immedesimarsi con il loro idolo di turno, entusiasmandosi tra fantasiosi dribbling e mirabolanti tiri a giro. Lo spirito del calcio si sa, quando vuole riesce ad impadronirsi di tutto e di tutti, rendendo possibile ciò che è impossibile anche al solo supporre.

Ed è così che anche i Niños di Cuba come tutti i loro coetanei, riescono a giocare a calcio scalzi ovunque si aprano spazi utili, tra porte improvvisate e palloni che non garantirebbero neanche il rotolamento base se non a loro volta impossessati dalla ingenua fantasia di chi li calcia.

Un piccolo fotogramma di vita reale per constatare con i propri occhi l’estrema sofferenza di un popolo che, nonostante abbia avuto la fortuna di nascere in un territorio naturalmente generoso gli è forzatamente precluso l’accesso all’autosufficienza, raggiungibile attraverso equi scambi commerciali oggi fruibili anche per quelle dittature totalmente ignare dell’esistenza dei “diritti umani” e con le quali il mondo occidentale fa affari come se nulla fosse (vedi Qatar).

Banale quanto elementare concetto economico valido per qualsiasi paese, questo impedimento coatto, castiga da ormai 60 anni la gente di Cuba, schiacciata tra l’incudine delle sanzioni e un martello monopartitico.

E dire che ben 29 risoluzioni Onu negli ultimi 30 anni, l’ultima passata con solo tre astenuti e due voti contrari di Usa e Israele, hanno sentenziato che l’embargo economico che gli americani stanno portando avanti contro Cuba è illegale e deve cessare.

Capziosamente ideologico, ormai fuori dalla storia, nato esclusivamente per “meglio indirizzare” un regime non allineato con gli interessi delle multinazionali americane, l’infausta presa di posizione degli Usa sta producendo come unico risultato quello di portare l’economia cubana nelle braccia del dragone cinese che, dopo un bel pezzo di Africa, approfittando della contemporanea crisi russo/ucraina, ha puntato anche la “Perla delle Antille”.

Inefficace sullo “status quo” dell’élite politica di Cuba e sul loro agio, un embargo che si è mostrato solo capace di strozzare un popolo per vederlo affogare nella miseria, non è una misura che può essere avallata da democrazie consolidate come quelle del vecchio continente, costrette a loro volta a subire il ricatto statunitense attraverso la minaccia di pesanti ricadute/sanzioni sui rapporti commerciali tra i due blocchi.

La libertà dei popoli di autogovernarsi dovrebbe essere sempre garantita, anche quando purtroppo si ricade in regimi non in linea con i nostri valori di pluralità.

Sono stati i cubani a tirarsi fuori dal colonialismo spagnolo prima e dalla dittatura batista poi, quest’ultima così confortevole per gli interessi statunitensi, debbono essere i Cubani a dover decidere come e quando tornare a quei principi di libertà e democrazia rappresentati dai fondatori della Repubblica nata con la fine della Terza guerra di indipendenza, ancora fortemente venerati nella loro patria.

Alternanza democratica: questa la parola d’ordine di qualsiasi popolo veramente libero. È il popolo di Cuba che deve decidere tempi e modi di come uscire dalla gabbia autoritaria del Partito Unico senza ingerenze altrui.

In un immobilismo dove la posizione dello Zio Tom è chiara, sta a tutto quel mondo occidentale fautore del libero pensiero, educare a concetti di democrazia totale disallineandosi da quella mentalità di politica estera (anch’essa “unica”) statunitense, muovendo la partita verso quei principi di autodeterminazione dei popoli ispirati dai Padri Fondatori della stessa Europa.

Profondamente diversi per storia, tradizioni e cultura, l’Unione europea per esistere deve prendersi un ruolo da protagonista nelle decisioni sullo scacchiere mondiale. Imporsi sulla fine di un embargo che oggi, attanaglia principalmente uomini, donne e bambini della gente di Cuba, potrebbe essere un ottimo inizio.

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