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Così il gap dell’energia allontana il terziario italiano dall’Europa

Sangalli: «Chiediamo al Governo di avviare un piano strutturale in raccordo con l’Europa». Hotel, ristoranti, bar e attività commerciali di Francia e Spagna pagano molto meno l’elettricità rispetto alle cugine italiane

di Enrico Netti

(AdobeStock)

3' di lettura

Un differenziale di quasi il +70% e del +27% per le bollette elettriche separa le aziende del terziario italiano da quelle di Francia e Spagna. Questo nonostante il calo dell’energia elettrica registrato ad ottobre quando sul mercato Ttf di Amsterdam è stata scambiata a meno di 150 euro per MWh dopo avere superato ad agosto gli oltre 700 euro mentre la materia prima, il gas lo stesso mese è stato venduto a circa 100 euro al MWh contro i 300. Il differenziale a doppia cifra penalizza le aziende italiane nonostante i massicci aiuti varati dal governo Draghi che ha stanziato quasi 60 miliardi per contenere i rincari, quasi il doppio di quanto stanziato da Madrid e da Parigi. Una strategia che non è riuscita a contenere, a limitare gli aumenti. Così, secondo le stime calcolate da Confcommercio-Nomisma Energia su dati Eurostat utilizzando le tariffe di ottobre 2022 applicate sui consumi dell’intero anno, un albergo italiano con un consumo di 260mila kWh/a all’anno spende in elettricità 77mila euro in più rispetto ad una struttura analoga, per esempio, a Cannes e poco più di 40mila euro per un hotel a Siviglia. Non va meglio per un bar o per una attività commerciale che vende generi alimentari. Le aziende italiane pagano bollette molto più. Solo nel caso di un negozio non food la differenza si assottiglia ma resta sempre a doppia cifra: -16% a favore dell’esercente francese e -11% per il collega spagnolo. Da qualsiasi angolatura si guarda le aziende italiane del commercio, del turismo e della ristorazione pagano lo scotto di pagare i prezzi più alti d’Europa e con l’ultima crisi la situazione è peggiorata. «Anche se i prezzi del gas stanno diminuendo il caro energia resta l’emergenza più urgente da affrontare - dice Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio -. Chiediamo al Governo un confronto costruttivo con le forze sociali per avviare un piano strutturale in raccordo con l'Europa. E - come per la pandemia – sono necessari sostegni immediati per le imprese più colpite dalla crisi energetica». Certo la Francia può vantare una quasi indipendenza dal gas grazie a un mix energetico basato su 56 reattori nucleari mentre la Spagna conta su cinque centrali nucleari, rigassificatori e rinnovabili, con una forte prevalenza dell’energia eolica. L’Italia invece è rimasta immobile colpita dalla sindrome Nimby, non nel mio cortile, e dalle lungaggini burocratiche. «Scontiamo, evidentemente, l’errore di non aver diversificato maggiormente le nostre fonti di energia e i nostri fornitori negli ultimi decenni - ricorda Confcommercio -. Scontiamo, ancora, i troppi “no” preconcetti e l’ipertrofia burocratica che, ad ogni passo, blocca decisioni e realizzazioni. Servono, invece, pragmatismo e realismo per gestire - in Europa e nel nostro Paese - il processo di transizione energetica all’insegna della convergenza necessaria tra sostenibilità ambientale e sostenibilità economica e sociale». Quello che preoccupa sono le conseguenze dell’attuale congiuntura, con i rincari dell’energia che si scaricano a valle in tutte le filiere di produzione e distribuzione, su tutti i consumi. Finora i sostegni del governo, circa 40 miliardi di euro alle famiglie nel 2022, compensano buona parte delle perdite di reddito, soprattutto per le famiglie meno abbienti, ma nulla possono contro i circa 77 miliardi di euro perdita di potere d’acquisto della ricchezza liquida, nei soli primi sei mesi del 2022. Ciò potrebbe comportare una riduzione dei consumi, rispetto a uno scenario con inflazione normale, di 5-7 decimi di punto percentuale.

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