ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùL’ipotesi di modifiche al Pnrr

Cosa rischia l’Italia se perde il treno dei finanziamenti europei?

La road map definita con Bruxelles è vincolante da qui al 2026, sia per quel che riguarda il percorso di attuazione delle riforme che per la partita degli investimenti. In sostanza, qualsiasi sia il colore politico del governo che si formerà dopo le elezioni del 25 settembre, quei vincoli restano immutati

di Dino Pesole

Pnrr, Draghi: attuare riforme in tempi previsti come fatto finora

3' di lettura

La linea della Commissione europea sui fondi del NGEU, peraltro già esplicitata chiaramente nelle linee guida e nel meccanismo di erogazione, è stata chiaramente espressa dal Commissario agli Affari economici, Paolo Gentiloni nel suo intervento al meeting di Rimini dello scorso 20 agosto: bisogna accelerare sui piani, «non ripensare o ricominciare da capo. Se c’è qualcosa di concreto da modificare, le porte a Bruxelles sono aperte: ma per cose limitate, non per ricominciare da capo un programma da cui dipende la sorte della economia europea». È la risposta indiretta a quanti, soprattutto in Italia, prospettano cambiamenti radicali al PNRR.

I vincoli

Nel meccanismo applicativo del NGEU l'erogazione dei fondi, sia sotto forma di prestiti che di sovvenzioni, è strettamente condizionato al rispetto dei target e dei milestone concordati con i singoli Paesi. Il che vuol dire che la road map definita con Bruxelles è vincolante da qui al 2026, sia per quel che riguarda il percorso di attuazione delle riforme che per la partita degli investimenti. In sostanza, qualsiasi sia il colore politico del governo che si formerà dopo le elezioni del 25 settembre, quei vincoli restano immutati. Si potrà tuttavia (e probabilmente lo si farà) avviare una riflessione per calibrare con maggiore precisione il percorso di attuazione del PNRR alla luce degli effetti delle mutate condizioni geopolitiche, a partire dalle conseguenze del caro prezzi e dell’impennata del costo dell’energia sulle singole economie. Ma si dovrà trattare di aggiustamenti marginali, che non potranno in alcun modo alterare la ratio con cui è nato il programma europeo. Spetterà al nuovo governo illustrare a Bruxelles e ai partner europei la propria strategia di politica economica, che non potrà che collocarsi in linea con le raccomandazioni della Commissione e con gli assi portanti del NGEU (transizione ecologica e digitale in primis).

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All'Italia conviene rispettare la road map

La prima ragione che motiva l’interesse specifico dell’Italia è espresso con chiarezza dallo stesso Gentiloni: «Senza un successo italiano il successo di questo programma europeo è impossibile». Lo è perché il nostro paese con 191,4 miliardi è il maggiore beneficiario del NGEU, ma anche perché senza il pieno sostegno dell’Italia si aprirebbe una inevitabile spaccatura con altri paesi tradizionalmente più severi nella gestione dei conti pubblici, a partire dai paesi nordici, e si bloccherebbe anche il programma di finanziamento sul mercato dei fondi, attraverso l’emissione di bond comuni garantiti (in primis dal punto di vista politico) da tutti i 27 paesi dell’Unione. Il rispetto degli impegni è fondamentale, e certo non possiamo correre il rischio di perdere per strada il maggior volume di risorse che l’Europa ha messo in campo dal secondo dopoguerra in poi. E poi, rispettare a pieno gli impegni sottoscritti consentirà di spingere sul pedale della crescita, e questa è una constatazione che vale per tutti gli schieramenti in campo. Con la maggiore crescita, si potrà sostenere il percorso graduale di rientro dal debito, senza dover ricorrere a manovre di bilancio che comporterebbero inevitabili effetti recessivi.

Bruxelles e Francoforte sulla stessa linea

Dalla Bce alla Commissione europea, le linee di azione paiono univoche. Francoforte subordina l’ammissibilità al TPI (il nuovo scudo antispread) al conseguimento di target e milestone del PNRR, oltre che all'assenza di squilibri macroeconomici. Bruxelles non è da meno: l’enfasi sul rispetto del piano nazionale è continua e sarà parte non trascurabile del check sulla situazione di bilancio italiana in programma a novembre. Deviare dalla road map esporrebbe il nostro debito pubblico al rischio di nuove, gravi tensioni sui mercati che provocherebbero l’impennata dello spread e della spesa per interessi. Il nuovo governo non potrà non tenerne conto, così come dovrà attenersi a una gestione della finanza pubblica ispirata alla massima prudenza.

Il monitoraggio

Quel che conta, accanto alla realizzazione in toto della road map prevista dal PNRR, è anche (e forse in misura maggiore) la realizzazione delle riforme già messe in cantiere. Da questo punto di vista è lecito sospendere al momento il giudizio. Nel caso nelle urne si affermi la coalizione di centro destra, occorrerà verificare sul campo l’iter di approvazione dei decreti legislativi che attueranno riforme fondamentali, come la concorrenza o il fisco. Una palese “deviazione” dall’impianto definito finora potrebbe essere considerato da Bruxelles come una evidente “inadempienza”, tale da far scattare il meccanismo di momentanea sospensione dei fondi, il cosiddetto “freno di emergenza”. Questo è probabilmente l’aspetto più delicato che attende ora un chiarimento nel passaggio dal governo Draghi al prossimo esecutivo. Certo potranno esservi modifiche, ma non tali da entrare in rotta di collisione con le linee di azione concordate a livello europeo.

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