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Politica

Il piano vaccini non va: anche Draghi chiede conto a von der Leyen

Getty
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In conferenza stampa al termine del secondo Consiglio europeo dell’anno (in videoconferenza) dedicato alla pandemia, Ursula von der Leyen non sfoggia il suo abituale sorriso. Perso. Per tutto il pomeriggio, la presidente della Commissione Europea ha dovuto resistere al fuoco di domande e richieste di spiegazioni da parte dei leader europei, tutti agitati per una campagna vaccinale anti-covid che non va, con tempi di consegna delle dosi assolutamente non affidabili, produzione lenta, mancanza di trasparenza sugli export. Anche Mario Draghi, al suo primo vertice europeo nella veste di premier, chiede conto a von der Leyen. Al termine del summit, i leader si ritrovano d’accordo sulla necessità di accelerare la produzione, ma servirà almeno “un anno per raggiungere un’autonomia produttiva”, calcola Emmanuel Macron. Non c’è una soluzione a breve.

“Le aziende che non rispettano gli impegni non dovrebbero essere scusate”, dice Draghi nel suo intervento, in riferimento al ‘pasticcio’ della campagna vaccinale, gli annunci da parte delle aziende - in particolare Astrazeneca - sulla riduzione delle consegne delle fiale senza molte spiegazioni. Anche per il premier italiano la parola d’ordine è accelerare sui vaccini, “occorre andare più veloce”, guardando anche alle “produzioni extra Ue”.

Von der Leyen tenta una reazione al fuoco di fila delle recriminazioni mostrando le previsioni delle consegne di vaccini per il primo e secondo trimestre di quest’anno. La Commissione prevede l’arrivo di 300milioni di fiale da aprile a giugno, insiste nel ritenere raggiungibile l’obiettivo di vaccinare il 70 per cento della popolazione adulta entro l’estate, cioè 255milioni di persone. Nell’Ue sono stati distribuiti complessivamente 51,5milioni di dosi di vaccini, spiega la presidente, in tutto sono state 29,17milioni le somministrazioni, il tasso di vaccinazione è salito così all′8% (5% ha ricevuto la prima dose, il 3% anche la seconda).

Ma le sue rassicurazioni non bastano: glielo dice anche Draghi, facendo notare che i dati esibiti non danno certezze, non sono rassicuranti.

Come gli altri leader che hanno accettato che fosse la Commissione Europea a firmare contratti per tutti gli Stati Ue con le case farmaceutiche, cedendo terreno all’istituzione europea, anche Draghi chiede un’azione rapida, coordinata da parte dell’Ue. Per accelerare sui vaccini, il premier sostiene che si potrebbe anche dare la priorità alle prime dosi, alla luce delle evidenze scientifiche secondo cui è meglio vaccinare più persone anche solo con una iniezione che vaccinare meno persone con i richiami. E vista la penuria di fiale in Europa, non è il caso per ora di programmare donazioni al Covax, lo strumento globale per l’accesso ai vaccini che Draghi sostiene, ma non ora. Prima bisogna mettere in piedi la campagna vaccinale.

Quella del Covax, è questione sulla quale Macron la pensa all’opposto. Il presidente francese, con cui Draghi ha un colloquio prima del vertice europeo, suggerisce invece ai paesi più industrializzati del G7 di donare più dosi per il personale sanitario in Africa, ma la richiesta francese è caduta nel vuoto anche al vertice dei ‘big seven’ venerdì scorso.

Non c’è molta luce in fondo al tunnel di questo Consiglio Europeo. Accelerare la produzione richiede tempo. Il presidente francese parla di “un anno” quale tempo necessario per attrezzare gli stabilimenti presenti in Europa e raggiungere così l’autonomia produttiva. Il ‘suo’ Commissario Thierry Breton, responsabile Industria a Palazzo Berlaymont e capo della task force che dovrebbe riparare al caos sui vaccini, prevede “dai 12 ai 18 mesi”, parlando in audizione al Parlamento Europeo dove, sempre oggi pomeriggio, ‘alla sbarra’ ci finisce l’amministratore delegato di Astrazeneca, Pascal Soriot, pressato dagli eurodeputati che gli chiedono spiegazioni sul taglio delle consegne.

E il piano europeo per produrre più vaccini è rallentato anche dalla indisponibilità dei leader a fare ricorso allo strumento delle licenze obbligatorie, previsto dall’Organizzazione mondiale del Commercio, per indurre le Big Pharma a condividere i brevetti. “Sono in favore di un sistema volontario di condivisione delle licenze” per assicurare la necessaria produzione di vaccini, “alcune aziende stanno già collaborando tra loro”, conferma von der Leyen.

Serve tempo e “il tempo non è dalla nostra parte”, ammette anche Angela Merkel in conferenza stampa. Se Macron dice che “dovremo vivere con il virus nel lungo periodo”, la cancelliera avverte che “dobbiamo prepararci a vaccinarci continuamente”. Perché oltre ad una campagna vaccinale che non ingrana, l’altra fonte di preoccupazione al tavolo virtuale dei leader sono le varianti del virus, di fronte alle quali anche le autorità sanitarie rispondono per ora con grandi punti interrogativi.

E’ anche per questo motivo che l’Ue prende tempo pure sul ‘passaporto vaccinale’ per viaggiare, chiesto a gran voce da paesi a vocazione turistica come Grecia e Spagna, sostenuto anche da Draghi e dalla maggioranza dei leader. Sulla necessità di creare un documento digitale per consentire i viaggi c’è accordo, ma “serviranno almeno tre mesi” per metterlo in piedi, chiarisce von der Leyen. Perché la Commissione dovrà studiare la materia e decidere se introdurlo per le persone vaccinate, quelle immuni, quelle con tampone negativo. Tutto da vedere, anche in base ai dati sulle varianti, ancora insufficienti. E in base ai dati delle vaccinazioni.

Merkel difende la sua scelta di introdurre controlli alle frontiere, anche se gli Stati confinanti (pure la Francia) non gradiscono e la libera circolazione di merci e persone dell’area Schengen ‘soffre’. Ma il coordinamento europeo è lontano anche su questo aspetto della pandemia: oltre alla Germania, i controlli per motivi sanitari sono in piedi anche in Belgio, Finlandia, Ungheria, Danimarca e Svezia.

“Come le spiega le difficoltà che l’Europa sta affrontando?”, chiedono in tanti a von der Leyen. La presidente finisce per essere un po’ imputata e un po’ capro espiatorio di una sorta di ‘processo politico’ al fallimento della campagna. Rossa in volto e senza sorriso, si presenta in conferenza stampa: “E’ stato un anno difficile per tutti…”.

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