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I dubbi sulla strategia del governo sulla pandemia, l’odio contro Liliana Segre e le altre notizie della giornata

Il racconto della giornata di venerdì 19 febbraio 2021 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Qual è la strategia del nuovo governo per affrontare la pandemia? La senatrice Liliana Segre si vaccina contro il COVID-19 e viene ricoperta di insulti e minacce. Il punto sul primo G7 di Mario Draghi. Infine, i dati di oggi sull’andamento dell’epidemia da COVID in Italia.

Qual è la strategia del governo per affrontare la pandemia? Tutto tace

(di Massimo Alberti)

Il messaggio dell’Istituto Superiore di Sanità è molto chiaro. L’invito ai cittadini a comportarsi come in un lockdown è in realtà rivolto alla politica: con la crescita delle varianti il sistema a colori com’è ora non è adeguato a controllare il virus. Palla quindi al nuovo governo, che per ora non ha detto cosa voglia fare. Nel suo discorso, al di là del generico richiamo alla lotta al virus, Draghi non è andato oltre su quale visione: contagio zero? Mitigazione come ora? Di certo si punterà sui vaccini: obbiettivo 500mila al giorno e mezza Italia coperta entro l’estate sfruttando caserme, stadi e parcheggi di ospedali. Un’accelerazione in discontinuità col governo Conte. Ma la campagna, come già visto, ha più varianti del virus: la capacità delle Regioni, i chiari di luna delle multinazionali, i tempi lunghi: quindi non basta. Serve una strategia di prevenzione chiara e rapida. Un nuovo lockdown, invocato dalla maggioranza dei medici, non sembra sul tavolo. Non solo per motivi economici – sempre che la strategia attuale non stia facendo peggio – ma perché ingestibile con cittadini provati dal tira e molla dei colori e ormai assuefatti ai 3-400 morti al giorno.
Si andrà quindi in continuità con qualche aggiustamento. La risposta agli appelli della scienza potrebbe concretizzarsi in due strade: provvedimenti uniformi sul piano nazionale, come alcune regioni – Toscana ed Emilia-Romagna in testa – cominciano a chiedere dopo averli rifiutati per mesi, e parametri più stretti a determinare le misure. Indice di trasmissione più basso per diventare rossi o arancioni – l’RT attuale è una media di quello del virus originario e di quello assai più alto delle varianti, destinate a diventare prevalenti – e soglia più bassa di contagi su 100mila abitanti per tornare ad un tracciamento efficace: i casi scovati col tracciamento continuano infatti a calare, rendendo complicato stroncare sul nascere i focolai e rischiando di rendere inefficaci le già blande zone rosse locali. Tutto unito ad un restyling del CTS e della cabina di regia. Basterebbe? E metterebbe d’accordo Salvini e Speranza? Il consigliere del ministro Speranza Giovanni Rezza dice che al momento non è previsto un cambio di strategia. Ma il virus certo non aspetta i tempi della politica.

Quali conseguenze la pandemia ha prodotto sulla nostra mente?

Dopo un anno di emergenza sanitaria, un tema centrale riguarda gli effetti della pandemia sulla psiche. Le misure restrittive, il lockdown, la paura del contagio hanno pesato e continuano a farlo sulla stabilità mentale delle persone. Per affrontare la questione, il governo francese ha nominato una psichiatra nella squadra dei tecnici scientifici che consigliano l’Eliseo.
Quali conseguenze la pandemia ha prodotto sulla nostra mente? Monica Grassi, psicologa del lavoro, esperta in psicologia del benessere:

Nuova ondata di odio contro Liliana Segre

(di Lorenza Ghidini)

Il fascicolo di indagine è sempre quello, aperto ormai da due anni, da quando un’ondata di attacchi social era costata a Liliana Segre perfino la scorta, che ha tuttora. E da due anni è chiaro che identificare i responsabili di insulti e minacce è praticamente impossibile: sebbene si leggano nomi e cognomi, sono nella stragrande maggioranza profili fake. Da ieri comunque la polizia postale ci riprova.
Sulla pagina Facebook del presidente lombardo Fontana, che ringraziava la senatrice per aver fatto da testimonial della campagna vaccinale, sono comparsi centinaia di commenti, i più benevoli si chiedevano con un certo livore perché la Segre si fosse vaccinata e la loro mamma più anziana non ancora, molti però le auguravano anche la morte, con il solito contorno di commenti antisemiti, tali da configurare secondo la procura il reato di “minacce aggravate dalla discriminazione e dall’odio razziale”.
“Io resto sempre quella diversa perché ebrea“, aveva raccontato Liliana Segre ai giovani radunati ad Arezzo per la sua ultima testimonianza pubblica. “Anche per le persone che mi vogliono bene io sono “l’amica ebrea”. Tra i commenti sotto il post di Fontana alcuni cominciano proprio con “non sono antisemita, ma…”. Lo stigma, che rimane, fino alla fine.
Di solito la sua famiglia cerca di tenere Liliana all’oscuro di questi insulti, la senatrice non usa i social dunque non li legge. Questa volta però qualcuno le ha raccontato. Lei resta serena, non se ne cura, e commenta semplicemente “Era meglio se non mi avessero detto niente”.

G7, la geopolitica del vaccino

(di Luisa Nannipieri)

Durante la prima riunione del G7 da quando Biden è diventato il presidente degli Stati Uniti, si è parlato della crisi sanitaria e soprattutto della redistribuzione dei vaccini. I sette hanno annunciato di voler stanziare 7 miliardi e mezzo di dollari per finanziare le campagne vaccinali. L’Unione Europea, ad esempio, raddoppierà il suo contributo al programma Covax, che punta a garantire la distribuzione equa dei vaccini contro il COVID nel Mondo. Bruxelles promette anche di stanziare 100 milioni di euro supplementari per sostenere le campagne di vaccinazione in Africa. Anche gli Stati Uniti e la Germania hanno annunciato delle donazioni importanti e Boris Johnson, che ha inaugurato il summit, ha assicurato che il regno unito donerà il surplus delle dosi britanniche, parliamo di milioni di fiale, ai paesi più poveri.
L’annuncio di Johnson, che nel suo discorso inaugurale ha detto: “È una pandemia, non serve a niente che un Paese sia in anticipo sugli altri, dobbiamo avanzare insieme”, rimanda a una proposta del presidente francese Emmanuel Macron. In un’intervista pubblicata ieri dal Financial Times, Macron ha proposto che i Paesi più ricchi trasferiscano tra il 3% e il 5% dei loro stock di vaccini ai Paesi del continente africano che non riescono a procurarseli. Si tratterebbe di un’azione a fin di bene che non pregiudicherebbe le campagne vaccinali in Europa e che sarebbe anche nell’interesse dei paesi più ricchi, che ad oggi si stima stiano bloccando un miliardo di dosi in più di quelle che servirebbero a vaccinare tutti i loro cittadini.
L’interesse è concreto, in primo luogo perché Africa ed Europa sono strettamente connesse, anche e non solo per via dei flussi migratori. Ma Macron punta anche il dito sui rischi di una guerra di influenza combattuta attraverso i vaccini: “lasciare che si installi l’idea che i paesi ricchi vaccinano centinaia di migliaia di persone mentre nei paesi poveri non si inizia nemmeno rappresenta un’accelerazione inedita delle disuguaglianze mondiali ed è politicamente insostenibile sul lungo termine.” Ha detto.
Dal punto di vista della Francia, la situazione in Africa è particolarmente delicata perché c’è il rischio di veder aumentare l’influenza cinese. Negli ultimi anni Pechino ha sostituito sempre più spesso Parigi come interlocutore economico dei governi africani, ma adesso sta anche moltiplicando le spedizioni di vaccini, utilizzando di fatto le fiale salvavita come una potente arma diplomatica.
Nell’intervista, Macron propone di fare pressione sui laboratori perché aumentino la produzione e si impegna a regalare o rivendere a poco prezzo il 5% delle dosi francesi, che gli alleati lo seguano o meno. Ma il presidente spera soprattutto di rilanciare una diplomazia degli aiuti in tandem con gli Stati Uniti, che hanno promesso di riallacciare con il multilateralismo tanto bistrattato da Trump. Degli obiettivi umanitari, insomma, ma soprattutto geopolitici. Che non sono sfuggiti a diverse ONG, che apprezzano le intenzioni ma dubitano dell’efficacia della misura. E rilanciano la proposta di rendere temporaneamente pubblici i diritti sui vaccini, perché anche i paesi più poveri possano fabbricarli rapidamente. 

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

Con i 353 morti registrati oggi, l’Italia supera i 95mila morti per coronavirus. 15.479 i nuovi positivi, il 5,2% dei test effettuati. Sembra essersi fermato anche il calo delle terapie intensive. Oggi il saldo è di 14 posti occupati in più, a fronte di 152 nuovi ingressi. Sono risalite a 7 le regioni oltre la soglia critica del 30% di posti in rianimazione occupati da malati COVID. L’ISS ripete il concetto in tutti i modi: la discesa dei casi è finita a causa delle varianti, l’RT è tornato alla soglia dell’1, il fattore di rischio è aumentato. Insomma la prospettiva è che vada sempre peggio e l’invito diretto dagli scienziati ai cittadini sembra arrivare direttamente dal marzo di un anno fa: state in casa il più possibile. Nonostante questo quadro però, da domenica saranno solo 3 le regioni che sulla base dell’algoritmo passeranno dalle restrizioni di fascia gialla a quelle arancioni: sono Emilia-Romagna, Campania e Molise. Persino l’Umbria, dove ormai le varianti hanno sostituito il ceppo iniziale, non entrerà tutta in fascia rossa.

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