Como, i nuovi poveri
sono sempre di più

Diogene, in edicola oggi, dedica un focus sulla povertà in provincia

Ragazzi, al massimo trentenni, rimasti senza lavoro, in fila per ritirare il proprio sacchetto alla mensa per i poveri della città.

La crisi economica, figlia diretta della pandemia sanitaria, sta trascinando a terra per la prima volta anche i giovani comaschi, in teoria il presente e il futuro del nostro territorio. È forse il dato più sconfortante e, allo stesso tempo, significativo, di quanto sia pesante, anche in prospettiva, la situazione.

Da questo punto di vista, i servizi per la grave marginalità forniscono un’ottima prospettiva.

«Paradossalmente i nostri numeri sono in flessione, abbiamo circa una ventina di ospiti in meno», spiega Roberto Ciriminna, il referente Caritas per la distribuzione del pranzo, parlando della mensa diurna cittadina. «Però – aggiunge – sono in aumento gli utenti “domestici”, i residenti di Como e dei Comuni limitrofi. Mentre calano i migranti».

La perdita del lavoro è magari l’ultima spallata, ma decisiva, assestata a una situazione di solitudine. A sentire di più i morsi della crisi sono i comparti commerciale e turistico. Tanto che, i lavoratori “stagionali” sono fra quelli più colpiti. Infatti, cominciano a rivolgersi ai servizi: «L’utenza è abbastanza giovane – aggiunge Ciriminna – non oltre i trent’anni. Siamo di fronte a nuove povertà, senza dubbio. In prospettiva? I numeri crediamo aumenteranno». I dati già oggi sono fin troppo chiari. Il primo schiaffo della crisi, appena due mesi dopo l’inizio della pandemia, ha colpito 3mila comaschi, trascinandoli in una situazione d’indigenza. L’inizio del 2021 non è certo migliore: sono più di mille le domande arrivate a Palazzo Cernezzi per i buoni spesa. Fra quelle accolte finora, 131 sono state presentate da famiglie composte da oltre cinque componenti, 126 sono “singole” e 88 provengono da famiglie con bambini con meno di 3 anni. Non solo, in 538 hanno chiesto al Comune l’esenzione dal pagamento della tassa rifiuti a causa di problemi economici derivati dal Covid. Il fondo diocesano, invece, ha aiutato in sei mesi 250 famiglie (in totale 750 persone) per 250mila euro. Nella maggior parte dei casi, si è trattato di italiani. Per quanto riguarda le persone di origine straniera, le nazionalità rappresentate sono una quarantina, con una maggioranza proveniente da Nord Africa e Sud America. L’erogazione media è stata di circa mille euro, con oscillazioni che vanno dai 700 per le persone sole, ai 1200 per le famiglie numerose. L’aiuto è temporaneo, dura per tre mesi.

I tre grandi problemi da risolvere per gran parte dei comaschi sono l’affitto, le bollette e il lavoro. Fanno fatica i genitori rimasti disoccupati, gli anziani soli, i disabili, le mamme con bambini e, come scritto, i giovani. Oltre agli stagionali, sono a rischio chi ha contratti a tempo determinato o si arrabattava con attività saltuarie, non sempre regolari. Alcuni di loro, stanno cominciando a frequentare i servizi per la grave marginalità.

È bene sottolineare come i dati siano sottostimati poiché, è evidente, non si riesce a intercettare tutti, ma la contrazione prevista dei fatturati e dei posti di lavoro incrementerà, sul nostro territorio, le richieste di aiuto. Ma, se le persone da seguire cresceranno, i volontari, a causa del Covid, si sono dimezzati. Per questo, ancora una volta, il loro coraggioso contributo è ancora più prezioso e determinante.

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