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Il racconto della giornata di lunedì 4 gennaio 2021 attraverso le notizie principali del giornale radio delle 19.30, dai dati dell’epidemia in Italia alla crisi di governo che è tutt’altro che scongiurata nonostante le nuove concessioni di Conte sul Recovery Plan, mentre in Regione Lombardia aleggia lo spettro in un rimpasto. La ripartenza della scuola il 7 gennaio sembra confermata, ma si attendono i nuovi dati sull’andamento della pandemia.
Negli Stati Uniti, intanto, Trump prova il tutto per tutto per ribaltare l’esito del voto del 3 novembre scorso nel giorno in cui la giustizia britannica ha respinto l’istanza di estradizione negli Usa del fondatore di Wikileaks Julian Assange. Infine, i grafici del contagio nelle elaborazioni di Luca Gattuso.

I dati dell’epidemia diffusi oggi

Oggi in Italia sono stati accertati 10.800 casi di COVID ed è risultato positivo il 13,8% delle persone sottoposte a tampone, una percentuale identica a quella di ieri. Ancora centinaia le morti comunicate, 348. Le persone in terapia intensiva sono 2579, quattro meno di ieri. Quelle ricoverate negli altri reparti sono 23.317, con un aumento di 242. Ancora una volta è il Veneto la regione con più contagi individuati. Seguono Emilia-Romagna e Sicilia.

La soluzione alla possibile crisi di governo è ancora lontana

Giuseppe Conte cerca di uscire dall’angolo accettando alcune modifiche al Recovery Plan, ma la soluzione della crisi sembra essere ancora lontana. Matteo Renzi rilancia sul Mes. Chiede al Presidente del Consiglio di prendere i miliardi europei sulla sanità. Una condizione che Conte non può accettare perché il M5Stelle non vuole.
Nicola Zingaretti dice di non volere “una crisi dalle soluzioni imprevedibili”. Ma il rischio che le forti tensioni sfocino in una crisi dell’esecutivo è sempre più probabile.
Il politologo Gianfranco Pasquino non fa sconti a nessuno dei protagonisti in questa intervista a Radio Popolare:

Nello scontro di questi giorni tra Renzi e Conte, il Pd ha cercato di fare da mediatore mentre sembrano spariti o quasi dalla scena altri partiti, da Forza Italia a Liberi e Uguali.

A Forza Italia sanno che le elezioni non ci saranno e allora puntano a una soluzione fantasiosa: un governo con dentro tutti, ma proprio tutti presieduto da una personalità sopra le parti. Ecco cosa ci ha detto Roberto Cassinelli, parlamentare azzurro di lunghissima data:

Liberi e Uguali invece ha mantenuto un atteggiamento sotto tono, sembrando quasi disponibile a qualsiasi prosecuzione della maggioranza attuale, e anche se a qualcuno è sembrato anche il più “contiano” dei partiti, il più fedele al premier. Ecco cosa ci ha risposto il suo leader Nicola Fratoianni

Scuole al via il 7 gennaio? Boccia sembra convinto

(di Anna Bredice)

“Ci sarà la ripartenza delle scuole il 7 gennaio“. Lo dice con una certa convinzione il ministro Boccia che annuncia la decisione in vista del Consiglio dei ministri di questa sera alle 21, del resto è urgente una conferma visto che mancano due giorni al ritorno a scuola soprattutto degli studenti delle superiori. Ma il problema sono le attese ordinanze regionali che benché restrittive, come prevede il governo, mettono in imbarazzo Palazzo Chigi. Molte regioni, infatti, sono pronte a rinviare ancora l’apertura anche perché, dicono, se ci sarà un inasprimento delle soglie Rt per passare da una zona all’altra, molte si ritroverebbero in zona arancione anziché gialla e quindi le scuole potrebbero richiudere subito. C’è una grande confusione rispetto a misure che tutti attendono di sapere, per capire come comportarsi, negli spostamenti, nelle riaperture di negozi, bar e appunto nelle scuole. Ciò che Boccia ha annunciato nel decreto che sarà approvato stasera è una restrizione nel calcolo dell’indice Rt, la zona arancione scatterebbe con Rt 1 e la zona rossa con Rt 1,25 e questo inasprimento dovrebbe partire dall11 gennaio per scongiurare la terza ondata della pandemia. Ma nel frattempo bisogna decidere cosa fare dal 7 in poi, le ipotesi sono di una zona gialla rafforzata nei giorni feriali, con il divieto di spostamento tra le regioni e la conferma della regola di spostarsi verso un’altra abitazione solo per due persone e poi nei giorni festivi scatterebbero le regole da zona arancione, questo fino al 15 quando dovrebbe partire un nuovo Dpcm. L’ipotesi era quella di riaperture un po’ per tutto, dai teatri ai cinema, ma la lentezza del piano vaccinale e l’incertezza dei dati di contagi nei giorni di Natale, con il timore di un forte rialzo dei numeri, rendono difficile questa possibilità.

Rimpasto in arrivo in Regione Lombardia?

(di Roberto Maggioni)

Uno spettro si aggira tra i vertici della Lega: fallire, in Lombardia, anche la vaccinazione anti COVID. La classifica sulle vaccinazioni effettuate che inchioda la Lombardia agli ultimi posti fa malissimo e le parole dell’assessore Gallera del fine settimana sono state benzina sul fuoco.
I lombardi, se il vaccino anti Covid non verrà fatto allo stesso ritmo delle altre regioni, sapranno chi incolpare: chi governa questa regione, la Lega.
E però l’assessore alla Sanità Giulio Gallera è di Forza Italia. Salvini da un paio di mesi lavora per rimuoverlo ma il presidente della giunta, il leghista Fontana, ha sempre stoppato questa operazione.
Ora, dicono fonti leghiste in Regione sentite da Radio Popolare, la misura è colma e il rimpasto è questione di giorni. Vedremo.
L’ipotesi di mediazione sul tavolo è uno spacchettamento delle deleghe dell’assessorato. A Gallera resterebbe la delega al Welfare, qualcun altro prenderebbe quella alla Sanità. Da tempo si fa il nome dell’ex super manager formigoniano Carlo Lucchina, ma potrebbe essere anche un leghista che si è occupato di sanità in questi anni. Altra ipotesi è che Gallera venga assegnato ad altro incarico ad hoc.
Interpellato dai giornalisti il capo della Lega Salvini ha detto: “Nei prossimi giorni si corre, quando le cose saranno fatte lo saprete“. Il tempo che Fontana trovi il modo di dividere il suo destino da quello dell’assessore con cui ha condiviso tutte le scelte fatte fino ad ora in Lombardia.

Julian Assange non sarà estradato negli Stati Uniti

Il Messico ha offerto asilo politico a Julian Assange. Lo hanno reso fonti ufficiali, nel giorno in cui la giustizia britannica ha respinto l’istanza di estradizione negli Usa del fondatore di Wikileaks.
Ma nel frattempo gli avvocati di Assange stanno già lavorando a quel rilascio su cauzione che dovrebbe permettere al cofondatore di WikiLeaks di tornare libero presto in attesa di qualunque appello. Gli Stati Uniti hanno fatto sapere che continueranno a chiedere l’estradizione di Assange, accusato di spionaggio e complicità in pirateria informatica con l’ex militare Chelsea Manning, per la diffusione di documenti del Pentagono relativi fra l’altro a crimini di guerra impuniti in Afghanistan o Iraq. Accuse che la giudice s’è rifiutata di ritenere politicamente motivate, come denunciato dai legali della difesa. Arianna Ciccone, fondatrice del sito la Valigia Blu:

L’ultimo disperato tentativo di Trump di ribaltare l’esito del voto

(di Roberto Festa)

Le reazioni sono essenzialmente di due tipi. Ci sono le reazioni politiche alla telefonata, con I democratici che battono soprattutto sull’immagine di un presidente patetico, incapace di controllarsi, preda dei propri incubi. In quella telefonata c’è la voce della disperazione, ha detto Kamala Harris, la vice di Joe Biden. I democratici, come hanno cercato di fare dal voto del 3 novembre, non spingono sul piano legale, non cercano l’incriminazione del presidente. In questo momento così difficile, pensare a un’inchiesta penale contro Trump finirebbe per alimentare le tensioni. Alla condanna dei democratici, si aggiunge l’ormai tradizionale silenzio, imbarazzato, dei repubblicani. C’è poi, per l’appunto, l’altra reazione, che viene adombrata in diversi commenti questa mattina qui negli Stati Uniti. Trump, con la sua telefonata al segretario di stato della Georgia, Brad Raffensberger, con la sua richiesta di trovargli 11780 voti, avrebbe violato le leggi della Georgia, e potrebbe essere incriminato per sollecitazione di frode elettorale e per estorsione. C’è chi dice che l’inchiesta partirà, ma questo riguarda ovviamente il momento in cui Trump non sarà più presidente, dopo il 20 gennaio. Nella telefonata incriminata, Trump stesso dice che la gente della Georgia, i repubblicani della Georgia, sono stanchi e delusi per il furto elettorale, e che quindi non andranno a votare nel ballottaggio per i due seggi in Georgia, che ci sarà domani. È quindi lo stesso presidente a legare il voto della Georgia al suo destino politico e umano. Finora i due candidati repubblicani in Georgia, David Perdue e Kelly Loeffler, hanno percorso una strada davvero molto stretta. Restare legati a Trump, e quindi conservare i suoi elettori, ma al tempo stesso non seguirlo nelle sue pericolose teorie cospiratorie. Questa d’altra parte è stata anche la scelta del partito repubblicano, che risente pesantemente delle prese di posizione di Trump. La cosa risulterà evidente mercoledì, quando alcuni senatori e deputati repubblicani dovrebbero obiettare alla vittoria di Biden durante la certificazione del risultato elettorale al Congresso. Questa è del resto una delle eredità più significative, di portata storica, che Trump lascia all’America. E cioè la trasformazione definitiva del partito repubblicano, lo svuotamento dei suoi tradizionali valori conservatori, una sua possibile futura spaccatura.

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

A cura di Luca Gattuso
 
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