ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùL’INTERVISTA A MARCO PATUANO

A2A, cedole e più reti nel piano del dopo-Covid: «La chiave è nelle infrastrutture»

A giorni il nuovo piano strategico ispirato ai macro trend, dalla transizione energetica all’economia circolare

di Cheo Condina e Marco Ferrando

(IMAGOECONOMICA)

5' di lettura

C’è l’emergenza sanitaria e la volatilità che ha sparso su tutti i mercati, compresi quelli dell’energia e delle materie prime. Ma ci sono anche i macro trend, che neanche il Covid potrà mettere in discussione, anzi. È così che A2A tra poche settimane non rinuncerà a presentare il suo nuovo piano strategico, che «sarà fortemente connotato dal punto di vista industriale», anticipa Marco Patuano, dalla primavera presidente della multiutility lombarda. «Premesso che abbiamo trovato una società in grande salute grazie a chi ci ha preceduto, quest’anno abbiamo imparato una lezione e che dobbiamo tenere a mente per tenere alta qualità della vita dei clienti nei prossimi 10 anni», dice il manager ex Telecom ed ex Edizione a Il Sole 24 Ore: «Per essere resilienti di fronte a tutto occorrono infrastrutture che non si possono improvvisare. Vanno programmate con enorme anticipo, ed è in quest’ottica che per il nostro piano insieme all’ad Renato Mazzoncini e al cda abbiamo immaginato i macro trend di lungo periodo a cui A2A deve dare una risposta per migliorare la qualità della vita dei suoi utenti. Che è il primo metro di giudizio per un’utility».

Partirete dalla transizione energetica e dalle rinnovabili?

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Per forza, per rispettare la tabella di marcia fissata dal Pniec, il Piano nazionale energia e clima, bisogna iniziare subito. A2A di fatto sulle rinnovabili ha solo idroelettrico, dunque deve espandersi su altre fonti verdi.

Gli altri punti di riferimento?

L’economia circolare, un tema complesso di cui A2A è tra i leader in un contesto, l’Italia, a due velocità. Poi ci sono le reti di tutti i tipi, da quelle elettriche all’ammodernamento delle reti gas per arrivare a importanti investimenti in reti idriche. Infine la digitalizzazione delle aree urbane, oggi è chiaro a tutti cosa significhi e perché sia decisivo fare delle nostre metropoli autentiche smart cities.

Quindi ci dobbiamo aspettare un’accelerazione negli investimenti?

Anche quest’anno abbiamo continuato a investire in modo importante e chiuderemo il 2020 con un livello di investimenti probabilmente superiore al 2019. Per quanto riguarda il nuovo piano, per ora posso dire che gli investimenti saranno una chiave di lettura importante.

Investirete su tutti i quattro grandi segmenti di business in cui opera A2A o alcune filiere come ad esempio il termolettrico risulteranno meno strategiche?

Nel nostro piano ci saranno investimenti importanti su tutti i filoni. Il termoelettrico rimarrà una risorsa strategica per l’Italia che grazie all’idrogeno allungherà la sua vita in modo più sostenibile.

A proposito: dai criteri Esg ai green loans o ai green bond, la sostenibilità è un tema decisivo anche nella finanza. A2A lo ha già cavalcato molto: ci sono ulteriori margini?

La sostenibilità non è stata valutata a valle ma ha connotato tutta l’elaborazione del piano, che ha nell’Esg uno dei suoi driver, così come ha una grande attenzione alla governance.

A2A ha ormai consolidato tutti gli operatori della Lombardia: la mission di aggregatore è esaurita? Non crede sia scoccata l’ora di una grande aggregazione per fare scala ed estrarre sinergie?

La risposta sta nei fatti. Chi opera nelle infrastrutture ha bisogno di tecnologia e capacità di realizzazione degli investimenti. Per questo è sbagliato dire che la chiave di sviluppo di A2A siano le aggregazioni territoriali. Semmai al contrario, queste ultime sono una straordinaria opportunità per realtà che non hanno ancora raggiunto la scala necessaria per stare sul mercato e che, con operazioni che rispettano la loro identità, si garantiscono un futuro.

Ma quindi in Lombardia c’è ancora spazio per crescere?

In regione si può ancora fare molto. Basta vedere l’integrazione con Lgh, trasformato in un polo di competenze e tecnologie relative al settore ambientale, con sinergie che hanno aumentato il ritorno per gli azionisti. Ora con Lgh si va verso una piena integrazione, deve essere un modello virtuoso di riferimento per tutta la Lombardia.

I soci pubblici di Lgh (Pavia, Lodi, Crema, Cremona, Rovato), che detengono il 49% della multiutility hanno chiesto la fusione in A2A: quando arriverà?

I tempi dovrebbero essere realisticamente entro l’estate 2021, bisogna determinare il valore di concambio.

A tempo debito, la strada seguita con Lgh è ipotizzabile anche per Acsm-Agam, dove A2A detiene il 41%?

In Lgh, A2A è stata in grado di sviluppare sinergie, era un piano ambizioso ma è stato rispettato. Anche in Acsm Agam vedo ancora spazi per accelerare le sinergie.

Periodicamente si riaffaccia la suggestione della maxi utility del nord, guardando a Iren o Hera. Lei che ne pensa?

Queste sono operazioni che per accadere devono generare valore per tutti, per gli stakeholder e per le società, poi devono creare sinergie e aumento di competenze: per questo al momento il discorso della superutility non mi sembra particolarmente attuale.

In Veneto, Verona e Vicenza dopo avere dialogato a lungo con A2A hanno scelto di convolare a nozze da soli. Ci siete rimasti male?

Più che altro stupiti. Quando sono diventato presidente sembrava che tutto fosse pronto a diventare operativo. Poi abbiamo assistito a un importante, assolutamente lecito, ripensamento di un progetto industriale che a noi sembrava molto ben disegnato e di cui si è parlato poco.

Lei non aveva mai conosciuto da vicino il mondo delle ex municipalizzate, in cui le influenze della politica, sebbene decisamente inferiori rispetto al passato, restano una delle principali pecche. Che situazione ha trovato?

Direi perfetta. I nostri azionisti non sono molto diversi da un fondo d’investimento long con un orizzonte d’investimento molto lungo. Richiedono una costante di creazione di valore reale, non speculativo. Si comportano in modo virtuosamente politico, si occupano di politica industriale.

Questi stessi azionisti, però, dopo un 2020 decisamente difficile, avranno bisogno di fondi per affrontare il 2021. L’ad Mazzoncini ha “promesso” un dividendo uguale a quello dell’anno scorso. Si sente di confermare questa previsione?

Mi limito a dire che il cda consegnerà al giudizio dell’assemblea una società molto resiliente sul fronte degli utili e ciò consentirà di prendere decisioni in modo sereno.

Sempre a proposito di Milano, A2A è la principale azienda della città. Come deve ripartire secondo lei la locomotiva italiana dopo la crisi del Covid?

Non deve dimenticare gli elementi del suo successo, è una città viva, moderna, in grado di attrarre talenti. Una città dove si viveva e si vive molto bene. È da qui che deve ripartire, dal fatto di essere una città che deve continuare ad ambire ad essere leader, esprimendo le tendenze del futuro. Deve essere una città green, digitale, della cultura, una casa delle conoscenze. Ma soprattutto Milano ripartirà grazie alla sua straordinaria capacità di attrarre investimenti.

Un’ultima battuta su FiberCop: siete interessanti al dossier?

Al momento direi di no, benché sia evidente che il futuro è nelle reti. Ma non è necessario essere investitori nelle infrastrutture digitali per erogare servizi integrati.

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