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Il racconto della giornata di martedì 15 dicembre 2020 attraverso le notizie principali del giornale radio delle 19.30, dai dati dell’epidemia in Italia con particolare attenzione al Veneto che continua a registrare un incremento dei nuovi casi e dei decessi per COVID-19 al clamoroso ritardo del governo nell’annunciare le nuove misure restrittive in vista del Natale, mentre l’Italia è tutt’altro che pronta a partire coi vaccini non appena arriverà il via libera dell’EMA. I dati diffusi da ISTAT sui decessi in Italia evidenziano qualche differenza sostanziale tra i diversi territori. La Commissione Europea, intanto, ha presentato il piano per contenere lo strapotere delle grandi aziende del web che operano in Europa. Infine, i grafici del contagio nelle elaborazioni di Luca Gattuso.

I dati dell’epidemia diffusi oggi

C’è chi corre, e chi balbetta. Mentre l’Europa accelera verso chiusure più stringenti, e spinge per anticipare i tempi del vaccino nel timore di una terza ondata che tutti i modelli indicano come estremamente pericolosa, il governo italiano ancora non riesce a mettersi d’accordo sulle nuove misure da adottare e da quando, nel giorno in cui l’Istat certifica un 2020 con livelli di mortalità mai visti nel dopoguerra.
846 morti, oltre 65mila dall’inizio della pandemia. Circa 15mila positivi a fronte di quasi 163mila tamponi, un rapporto test/positivi che si abbassa di nuovo sotto il 10%. Il bilancio tra ingressi e uscite dai reparti ospedalieri mostra un ulteriore alleggerimento, pur restando oltre la soglia critica. Ma il numero di nuovi ingressi in terapia intensiva è salito: 199 oggi, ieri erano stati 138.
La riunione di oggi del Comitato Tecnico Scientifico ha chiesto di inasprire le misure ed aumentare i controlli, in vista della terza ondata: la zona gialla non basta, è il messaggio degli scienziati. Il consigliere del ministro Speranza Giovanni Rezza ha anche messo in discussione la riapertura delle scuole prevista a gennaio. Il governo però tergiversa. Riproponendo la divisione tra chi vorrebbe misure più stringenti, come il Ministro Speranza, e chi insiste nel chiedere maggiore libertà di spostamento. Insomma si valuta se l’Italia sarà tutta in fascia arancione, o rossa, e quale libertà di movimento concedere. Ieri il governo aveva promesso una decisione in 48 ore. Ma una sintesi sembra lontana.

Tra governo e CTS nessuno vuole la responsabilità delle nuove restrizioni

(di Anna Bredice)

Le ulteriori restrizioni previste a Natale sono materia incandescente che nessuno vuole maneggiare, né assumersi fino in fondo la responsabilità. Non ci sono ancora decisioni definitive, sono previste forse domani o dopodomani, ma le tensioni nel governo e oggi anche all’interno del Comitato tecnico scientifico tra rappresentanti del ministero e altri consulenti dimostrano la difficoltà di scelte impopolari ma inevitabili. Il Cts ha dato indicazioni al governo di inasprire le regole, abbandonando quelle più permissive di zona gialla, per arrivare ad un livello arancione o rosso, puntando soprattutto l’attenzione sui luoghi di assembramenti, dove la mascherina si toglie, bar e ristoranti, ma il Cts non è entrato nello specifico, non ha detto se sono necessarie chiusure, blocchi, divieti di spostamenti e neppure da quando. Gianni Rezza ha anche lanciato un allarme, non si può ancora dire se il 7 gennaio le scuole potranno riaprire, un altro tema che rischia di creare ulteriori contestazioni, il Cts lascia la decisione al governo, che forse avrebbe tanto desiderato che il natale con un lockdown arancione o rosso venisse calato dall’alto, imposto dagli esperti della sanità, senza che diventasse anche questo materia di litigi all’interno del governo, già alle prese con una verifica tra alleati e ulteriore motivo per Conte di calo di popolarità, a cui sembra molto sensibile negli ultimi tempi, forse per compensare il calo di gradimento tra gli alleati di governo. Domattina si incontreranno le regioni che discuteranno del piano regionale dei vaccini e forse anche delle restrizioni, ma bisognerà capire cosa verrà proposto dai ministri, sicuramente verrà chiesto che le misure si accompagnino ad immediati ristori economici alle categorie colpite.

Il caso Veneto: salgono i casi di COVID-19 e i decessi

Tra le regioni spicca il caso del Veneto: 165 il numero dei morti registrati nelle ultime 24 ore, il dato peggiore di tutta la pandemia. Il rapporto positivi/tamponi al 18%. Nell’ultima settimana si è registrato un ulteriore incremento dei casi, che restano costantemente sopra i 20 mila. Anche la saturazione dei reparti ordinari e delle terapie intensive è ampiamente sopra la prima ondata, e il distacco temporale tra la curva dei morti e quella degli ospedalizzati, che ha una media nazionale di 5 giorni, in Veneto è di 1, segni tangibile di un sistema sanitario in sofferenza. Quali sono le cause che hanno portato la regione guidata da Zaia a passare da esempio virtuoso nella prima ondata, all’area più in difficoltà. Per il virologo dell’università di Padova Andrea Crisanti le cause sono principalmente due: il fatto che la regione sia sempre rimasta in zona gialla, quindi senza misure di mitigazione adeguate, e l’inaffidabilità dei test rapidi cui si è massicciamente fatto ricorso.

L’Italia è pronta per partire col vaccino anti-COVID?

La corsa alle chiusure da parte dei Paesi europei va di pari passo con la corsa al vaccino. Le pressioni dell’Unione Europea ed in particolare della Germania hanno convinto l’EMA, l’Agenzia Europea del Farmaco, ad anticipare al 21 dicembre la riunione che dovrebbe dare il via libera al vaccino Pfizer-Biontech. Dal giorno dopo molti Paesi sono già pronti a partire, per non trovarsi a doverlo fare nel mezzo della terza ondata e per provare ad arginarla. La presidente della commissione Von Der Leyen ha confermato che le prime dosi saranno somministrate entro fine anno. Ma l’Italia è pronta a partire con gli altri Paesi? Rezza in conferenza stampa lo ha espresso come un auspicio. Domani Ministero, Protezione Civile e il Commissario Arcuri avranno una nuova riunione definita dal Ministro Boccia come “riunione finale” per definire il piano, la cui partenza per ora è prevista per il 15 gennaio, quando l’Italia rischia però di trovarsi nel peno della terza ondata.

COVID-19, le anomalie nei decessi in Italia. I dati ISTAT

(di Massimo Alberti)

Il dato che resta più drammatico è quello dei morti. “Quest’anno supereremo il tetto dei 700mila decessi complessivi, che è un valore preoccupante perché l’ultima volta che siamo andati oltre questo numero è stato nel 1944, durante la guerra”, ha detto il presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo nel presentare il rapporto sul 2019. È la conferma dell’impatto terribile del virus.
Dietro a questi numeri, è bene ricordarlo, ci sono persone in carne ed ossa, che non sono più con i loro amici e familiari. L’Istat oggi ha confermato un’evidenza già ampiamente tracciata, quella di un eccesso di mortalità che nell’era moderna ha caratteri storici, ed è difficile negare che non sia attribuibile al COVID. I picchi infatti coincidono con le due ondate. E la seconda, si sta rivelando la peggiore. L’analisi settimanale del ministero della salute fa registrare un eccesso di mortalità che al nord arriva al 72% a novembre, ed al 47% al centro sud. A ottobre era rispettivamente del 23 e 22%. La differenza tra le Regioni emerge anche dall’analisi dell’università Cattolica: i decessi vanno infatti da un massimo del 5,4% dei positivi in Lombardia a un minimo dell’1,3% in Campania. L’altra anomalia della seconda ondata è l’andamento della curva della mortalità, decisamente sfasato rispetto all’andamento dei contagi: lo ha rilevato anche il direttore della Prevenzione del ministero della Salute, Gianni Rezza. Che potrebbe far pensare ad una ulteriore sottostima del numero dei positivi. E c’è un altro significativo sull’efficacia dei provvedimenti del governo: al netto delle sottostime della primavera nello stesso arco temporale successivo al lockdown del 9 marzo erano morte 22379 persone, mentre dal 6 novembre ad oggi siamo a 25662, quasi 3.300 in più, il 15%. Con la differenza che stavolta il tempo di prepararsi c’era.
È in questo contesto che il presidente di Confindustria Macerata, Domenico Guzzini, durante un evento on line dedicato alla moda ha usato queste parole: “Le persone sono un po’ stanche e vorrebbero venirne fuori, anche se qualcuno morirà, pazienza”.
Ci sono state diverse reazioni, Confindustria Marche ha preso le distanze, ma non Confindustria nazionale, che però ha chiuso la pagina Facebook e rimosso il video con l’intervento, che però ormai era diventato virale. Guzzini nel pomeriggio si è scusato, dicendo di aver sbagliato nei contenuti e nei modi e che quella frase non rappresenta il suo pensiero. Ma quel pensiero quanto è diffuso nel paese, e quanto ha influenzato le decisioni prese per gestire la pandemia? “È una frase agghiacciante che però forse pensano in tanti. – commenta la sociologa Chiara Saraceno – lo si dice perché si pensa sempre che tocchi a qualcun altro, che si ritiene conti meno di sé stessi. Ma quel qualcuno sono centinaia di morti ogni giorno – conclude la sociologa – e per quel chi può morire, forse non è così piacevole sacrificarsi sull’altare del consumo, della produttività e dell’economia”.

Il piano UE contro lo strapotere delle Big Tech

La Commissione Europea ha presentato il piano per contenere lo strapotere delle big tech, le grandi aziende del web. Previste multe fino al 10% del fatturato per chi non rispetterà le norme sulla concorrenza e fino al 6% per chi non accetterà le nuove regole sulla moderazione dei contenuti, con obbligo di rimuovere i contenuti violenti e incitanti al terrorismo. Marco Schiaffino, della trasmissione Doppio Click:





L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia
a cura di Luca Gattuso

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