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Il racconto della giornata di domenica 6 dicembre 2020 attraverso le notizie principali del giornale radio delle 19.30, dai dati dell’epidemia in Italia al tentativo del governatore della Lombardia Attilio Fontana di rimediare alla figuraccia della lettera ai magistrati di Milano. A 13 anni dalla strage all’acciaieria ThyssenKrupp di Torino è stato inaugurato il memoriale delle vittime all’interno del cimitero monumentale della città. Oggi in Uruguay si è spento l’ex presidente Tabaré Vázquez. Infine, i grafici del contagio nelle elaborazioni di Luca Gattuso.

I dati dell’epidemia diffusi oggi

Con i 564 morti nelle ultime 24 ore, l’Italia supera i 60mila decessi nella pandemia dall’inizio dell’anno. In calo le terapie intensive, ma in aumento i ricoveri ordinari. I nuovi casi registrati sono 18.887 su oltre 160mila tamponi per un rapporto dell’11,5%, in aumento di un punto rispetto a ieri; capofila tra le Regioni, il Veneto con 3.444 nuovi casi, seguito dalla Lombardia con 2.413 nuovi positivi e poi Puglia, Emilia-Romagna, Lazio e Campania sopra i 1.500 casi.
“Entriamo in una fase in cui avremo il raddoppio della criticità – ha spiegato il coordinatore del Comitato tecnico scientifico nazionale, Agostino Miozzo – nei Pronto Soccorso arriveranno coloro che avranno l’influenza stagionale e coloro che avranno il Covid vero e proprio. Avremmo potuto imporre un lockdown assoluto, ma non possiamo permettercelo“. Secondo il commissario per l’emergenza coronavirus, Domenico Arcuri, nonostante i sacrifici, sarà un Natale di speranza perché un po’ di luce alla fine del tunnel si comincia a vedere. La ministra Lamorgese ha inviato una circolare ai prefetti per preparare la fase di controlli per il periodo di restrizioni alla mobilità tra il 21 dicembre e 6 gennaio.

Fontana e Regione Lombardia, quando il rattoppo è peggio del buco

(di Luigi Ambrosio)

Quando il rattoppo è peggio del buco.
Il tentativo da parte di Fontana di rimediare alla figuraccia della lettera ai magistrati di Milano in cui si affermava che la Regione non acquista i vaccini perché i dirigenti hanno paura delle inchieste conferma che l’obiettivo era scaricare altrove le responsabilità.
I magistrati che, particolare non da poco, sono gli stessi che indagano Fontana per la fornitura di camici anti-COVID dall’azienda della moglie e del cognato alla Regione, hanno risposto che non è colpa loro se le cose non funzionano.
Uno dovrebbe ritirarsi con vergogna. Magari dovrebbe proprio ritirarsi dalla scena politica. Invece Fontana rincara e dice che la colpa sarebbe di chi non sa scrivere, quindi gli avvocati della Regione, o di chi non sa leggere, quindi i magistrati.
Questa arroganza Fontana la riserva a tutti. Pure al suo assessore al Welfare, Gallera, che si è rifiutato di difendere ora che la Lega lo sta cercando di far fuori: “mi occupo di COVID, non di questo dibattito” ha detto. Scaricabarile pure su Gallera.
Del resto, sui vaccini anti influenza che non ci sono, la Lega in Lombardia si sta giocando molto. Un cittadino arrabbiato perché manca il vaccino è un potenziale elettore perso. Fontana scarica su tutti. Salvini invece, se le cose non migliorassero, potrebbe iniziare a scaricare proprio su di lui, il presidente della Regione.

“Non voglio dimenticare”. Strage Thyssen, 13 anni dopo. Parla il sopravvissuto Antonio Boccuzzi

(di Alessandro Principe)

Tredici anni da quella notte in cui otto operai dell’acciaieria ThyssenKrupp di Torino vennero travolti da una fiammata improvvisa, un incendio devastante alla linea 5. In sei morirono quella notte. Uno morì dopo un mese di sofferenze in ospedale. Solo uno di loro si salvò.
Le vittime furono: Antonio Schiavone, 36 anni, Roberto Scola, 32 anni, Angelo Laurino, 43 anni, Bruno Santino, 26 anni, Rocco Marzo, 54 anni, Rosario Rodinò, 26 anni, Giuseppe Demasi, 26 anni.
Antonio Boccuzzi rimase ferito. Ma si salvò. Oggi ha 47 anni, è sposato, ha una bimba di nove anni. È stato parlamentare e soprattutto non ha mai smesso di raccontare e di denunciare. Lo fa anche nelle scuole.
Nel tredicesimo anniversario della tragedia a Torino è stato inaugurato il memoriale delle vittime all’interno del cimitero monumentale della città. [LEGGI L’INTERVISTA]

È morto l’ex presidente dell’Uruguay Tabaré Vázquez

(di Alfredo Somoza)

Tabaré Vàzquez era nato nel 1940 in un quartiere operaio di Montevideo. Nipote di anarchici spagnoli e figlio di un sindacalista incarcerato quando lui era bambino per difendere i diritti degli scioperanti. Divenne medico oncologo di fama nazionale ma non abbandonò mai la passione per la politica che aveva ereditato. Socialista e massone, come Salvador Allende, nel 1990 diventò il primo sindaco di sinistra della capitale uruguayana. Dopo 4 anni di buon governo locale, provò per due volte la sfida della presidenza del paese, ma solo alla terza volta, nel 2004, diventò il primo Presidente della sinistra unita del paese. Fece la staffetta con José Pepe Mujica diventando presidente per la seconda volta nel 2014. Insieme a Mujica regalarono all’Uruguay 15 anni di riforme sociali, come il potenziamento del servizio pubblico sanitario che poi ha evitato che l’Uruguay precipitasse nel dramma della pandemia, e di diritti individuali come il matrimonio dello stesso sesso o la legalizzazione della cannabis. Vàzquez è stato ricordato dall’attuale presidente Lavalle Pou, di centrodestra, come un uomo che servì il suo paese, un presidente di tutti. Durante i suoi anni al Palazzo di Governo, non abbandonò mai i suoi pazienti. Lui restò sempre un medico popolare prestato alla politica, dimostrando che Pepe Mujica, il presidente contadino, non era l’eccezione nella sinistra uruguayana.



L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia
a cura di Luca Gattuso

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