Copy
View this email in your browser

Il racconto della giornata di domenica 29 novembre 2020 attraverso le notizie principali del giornale radio delle 19.30, dai dati dell’epidemia in Italia alla riapertura dei negozi nelle regioni che sono passate dal rosso all’arancione. Uno studio pubblicato in questi giorni delinea il grave calo dei redditi italiani, specialmente nel caso dei lavoratori dipendenti. Cade nel vuoto la proposta parlamentare di una patrimoniale da inserire nella legge di stabilità; riparte il tavolo sull’ulva con le incognite di sempre. Attacco di Boko Haram in una zona rurale della Nigeria, le vittime sono più di cento. Infine, i grafici del contagio nelle elaborazioni di Luca Gattuso.

I dati dell’epidemia diffusi oggi

Oggi in Italia sono stati accertati 20.648 casi di coronavirus, con una percentuale di positivi sui tamponi comunicati dell’11,7%, identica a quella di ieri. Ancora tante le morti legate al covid, 541, un numero che però è più basso di quelli dei giorni scorsi. Nove in meno i pazienti in terapia intensiva, che ora sono 3753. Quattrocentoventi in meno quelli nei reparti ordinari, scesi a 32.879. La Lombardia è la regione con più nuovi contagi individuati, circa 3200, seguita dal Veneto con 2617 e da Campania e Piemonte, poco sopra i 2mila ciascuna.



In calo i redditi in Italia, in particolare quello dei lavoratori dipendenti

(di Massimo Alberti)

Uno studio pubblicato su LaVoce.info, elaborato da due economisti dell’Ocse, evidenzia come nella pandemia il maggior calo dei redditi riguardi proprio i lavoratori dipendenti ed i precari, e non i piccoli imprenditori ed il lavoro autonomo, almeno in una sua ampia parte. “In controtendenza rispetto alla narrazione dominante”, sottolineano gli autori. Il problema? I sussidi troppo bassi e l’evasione fiscale. Il lavoro di Andrea Garnero e Andrea Salvatori, economisti OCSE, non proprio un’istituzione statalista e socialista, parte da un dato: durante la pandemia i redditi italiani sono scesi più che in altri paesi, nonostante le ingenti risorse mobilitate. Con un calo del pil del 12,8%, simile ad altri paesi, il reddito disponibile è sceso del 7,2% rispetto ad esempio all’1,1 della Germania e al 2,3 della Francia. In questo quadro, a rimetterci sono stati soprattutto i dipendenti, che hanno avuto compensazioni minori rispetto agli autonomi, in controtendenza alla narrativa dominante, sottolineano gli autori. Non è un problema di soldi stanziati, dice lo studio. Il primo problema è la cassa integrazione che garantisce una bassa protezione del reddito. Un dipendente italiano a zero ore riceve una parte di salario assai più bassa che in Germania e Francia. Che è legato al secondo punto: anche i sussidi di disoccupazione sono inferiori rispetto ad altri paesi Ocse, e raggiungono a fatica i tantissimi precari per lo più giovani. Al contrario, e in controtendenza rispetto alla narrativa preponderante scrivono gli autori, le misure adottate per il lavoro autonomo sembrano aver funzionato, almeno rispetto ai redditi dichiarati: lo stato infatti non può compensare un reddito che non conosce. Qui andrebbe aggiunta un’ulteriore riflessione che lo studio non fa, perché non tutto il mondo del lavoro autonomo è uguale, o è evasore. Se un lavoratore autonomo dichiara 800 e lo stato ne integra 600,  ovviamente lo studio rileva una compensazione adeguata. Chi li guadagna davvero però parte da un reddito già molto basso, dall’altra invece c’è evade il fisco con false dichiarazioni: ed in questo caso, chi è causa del suo mal pianga se stesso. 

C’è chi è arrivato addirittura a proporre una tassa di solidarietà sui lavoratori dipendenti per aiutare i piccoli imprenditori. La realtà dei numeri racconta una storia diversa. E il denaro da redistribuire, in un paese dove, dati Ocse, il 20% più ricco detiene il 70% della ricchezza, andrebbe forse cercato altrove.



Riaprono i negozi nelle regioni passate dal rosso all’arancione

Oggi è stata la prima giornata in zona arancione per Lombardia, Piemonte e Calabria. Le tre regioni sono passate alla fascia a rischio intermedio che prevede la riapertura dei negozi, la possibilità di spostarsi senza autocertificazione nel proprio comune e -da domani- il ritorno a scuola delle seconde e delle terze medie, anche se il Piemonte a deciso di mantenere la didattica a distanza.

Come era prevedibile le città si sono riempite di persone. A Milano è tornato lo shopping anche nelle vie classiche degli acquisti come corso Buenos Aires, corso Vittorio Emanuele, via Torino. Quel centro di Milano rimasto svuotato da aprile, oggi è tornato a popolarsi.

“Ne approfittiamo per stare un po’ all’aperto e fare qualche acquisto” hanno detto le persone intervistate. Sentiamone qualcuna al microfono di Luigi Ambrosio:

In Italia una tassa patrimoniale resta un tabù

Puntuale come ogni manovra economica, anche questa volta è arrivata la proposta di istituire una tassa patrimoniale. E puntualmente anche questa volta è stata subito affossata dalla stessa maggioranza.

A presentarla erano stati alcuni deputati di Leu e del Pd, ma all’interno degli stessi partiti la proposta di una patrimoniale secca non gode di grande consenso.

Radicalmente contrari Movimento 5 Stelle e Italia Viva.

“Ok liberare gli italiani delle piccole tasse e dai cavilli della burocrazia, ma nessuna patrimoniale” ha detto Luigi Di Maio. “Sarebbe folle in un momento di crisi come questo, il Movimento è sempre stato contrario e continuerà ad esserlo”.

Per Italia Viva “la patrimoniale non serve”.

Nel Pd pochi i favorevoli. “L’emendamento è il frutto di una iniziativa libera ma individuale di alcuni deputati del Pd che però non impegna il gruppo” hanno spiegato all’Ansa fonti del Pd alla Camera.

Dentro Leu spunta una seconda ipotesi, più leggera. Un contributo di solidarietà per il solo 2021 sotto forma di tassa per i super ricchi.

Il primo firmatario è il capogruppo di Liberi e Uguali alla Camera Federico Fornaro:

Riprende la trattativa sull’Ilva di Taranto

(di Massimo Alberti)

Il 30 novembre scadono i termini per un nuovo accordo tra Arcelor Mittal e lo stato sull’Ilva di Taranto. A Mezzogiorno di lunedì il ministro dello sviluppo Patuanelli incontrerà i sindacati, poi dovrebbe essere annunciata la nuova firma, con l’ingresso della società del Tesoro Invitalia nell’ex Ilva. Ma non in maggioranza, e posticipando il controllo dello stato.  Forti i dubbi dei sindacati, e degli enti locali che non sono mai stati consultati.

C’eravamo lasciati a marzo, con un accordo che evitava lo scontro in tribunale, e che rimandava di 8 mesi i problemi legati al futuro dell’Ilva. Nel mezzo, una pandemia, col ricorso continuo alla cassa integrazione da parte di Arcelor Mittal per oltre il 50% degli 8000 dipendenti attivi a Taranto. Di fatto i necessari a tenere acceso un impianto rimasto da allora praticamente fermo e improduttivo, con tutti i problemi strutturali che ne sono seguiti: incidenti, cedimenti, che non hanno provocato particolari conseguenze solo perchè lo stabilimento di fatto era semivuoto. Oltre alle continue emissioni nocive fotografate praticamente ogni settimana. La firma delle prossime ore quindi è un passaggio obbligato per evitare l’abbandono d’ufficio di Arcelor Mittal, con le conseguenti penali, e per prendere tempo, visto che nuovi partner industriali non sono stati trovati, e neppure cercati dicono i sindacati. Anche perché nessuno vuole accollarsi uno stabilimento fatiscente senza rifarlo praticamente da capo, con gli ingenti costi che comporta e con la grana delle complicate bonifiche su un’area gravemente e strutturalmente inquinata. Dunque, domani, cosa si firma? L’immissione di capitali da parte dello stato, tramite la controllata del tesoro Invitalia, guidata dall’onnipresente Arcuri, in società con Arcelor Mittal. Che però manterrà il controllo. Visto che l’ingresso, al contrario di quanto promesso in passato dal governo, sarà al 50%. E solo in un secondo momento forse con l’acquisizione della maggioranza, ma non prima del 2022 quando guarda caso scade l’affitto degli impianti da parte di Arcelor Mittal. Per i sindacati dunque in mancanza di alternativa lo stato dà i soldi ad Arcelor per continuare a gestire Ilva, l’abbandono posticipato, sperando che con i soldi del Recovery Fund si possa finalmente mantenere la costosissima promessa di bonifica, rinnovamento e acciaio verde, cui visto lo stato degli impianti oggi non crede più nessuno. Così come tra i cassintegrati, nessuno pensa che tornerà al lavoro. E se i sindacati denunciano di aver saputo dell’accordo dai giornali, lo stesso contestano gli enti locali. Mai consultati, dice il sindaco di Taranto, per una decisione che riguarda anche la salute ed il destino della città.



Strage fondamentalista in Nigeria, sale il numero delle vittime

(di Andrea Monti)

In Nigeria nelle ultime ore è salito il numero di morti nel massacro di cui si era avuta notizia ieri. Secondo l’Onu sono almeno 110 i civili uccisi nel villaggio di Koshobe, nel nordest del paese. In un primo momento erano stati recuperati i corpi di 43 persone, che oggi sono state seppellite. L’attacco ha preso di mira un gruppo di contadini che erano nei campi. Secondo un parlamentare la loro morte sarebbe legata al fatto che avevano disarmato e bloccato un militante di Boko haram. L’organizzazione jihadista è responsabile da anni di violenze in quella zona e in questo caso potrebbe anche aver rapito diverse donne, secondo un dirigente delle Nazioni unite nel paese. Agricoltori e pescatori locali sono aggrediti spesso dai terroristi con l’accusa di fare da informatori per l’esercito e per le milizie filogovernative.



L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia 
A cura di Luca Gattuso


Sostieni Radio Pop con la tessera 2021



È un anno duro per tutti, anche noi abbiamo faticato, ma grazie al vostro sostegno gli abbonamenti sono rimasti in equilibrio rispetto all'anno scorso.
Avvicinandoci alle vacanze di Natale di solito vi proponiamo calendari, birre speciali, gadget vari e infine vi piazziamo un abbonaggio sotto il naso. Questa volta non accadrà nulla di tutto questo, ma non vi nascondiamo che il calo della pubblicità, soprattutto durante il "vero" lockdown, si sia fatto sentire molto pesantemente, perciò non possiamo esimerci dal chiedere un vostro contributo.
Siccome non viviamo sulla luna e siamo ben consci delle difficoltà diffuse, abbiamo scelto di puntare sulla tessera, il più antico sistema di finanziamento di Radio Pop. È più abbordabile di un abbonamento, ma per noi è prezioso allo stesso modo!
Il tesseramento è possibile qui, a partire da un versamento di 20€. La tessera vi arriverà via mail entro una settimana. Potrete stamparla e ritagliarla o tenerla in formato digitale.
È il modo di aggiungere la vostra voce alla nostra storia anche in questo estenuante 2020, che puntiamo tutti a lasciarci alle spalle al più presto. Con il vostro aiuto anche noi faremo più in fretta! :-)
Sostieni e fai sostenere Radio Pop

🔸 abbonamento con modulo SEPA: ABBONATI QUI

🔸 ritocco dell'abbonamento: SCRIVICI QUI 

🔸 versamento via PayPal o carta di credito: VAI QUI

Tutte le altre notizie e i podcast delle trasmissioni sono su radiopopolare.it
Radio Pop su Twitter Radio Pop su Twitter
Radio Pop su Facebook Radio Pop su Facebook
Radio Pop su Instagram Radio Pop su Instagram
Condividi queste notizie Condividi queste notizie
Radio Pop su Telegram
2020 Radio Popolare - Se vuoi condividi, citando la fonte.
 
Errepi Spa
Via Ollearo 5
Milano, MI 20155
Italy

Qui puoi modificare le opzioni di ricezione o disiscriverti