28 novembre 2020 - 07:32

Covid a Milano, la società sfratta l’hotel che accoglie i pazienti:
«Malati, danno per il quartiere»

Il proprietario del palazzo sfratta il King di corso Magenta: «Stop alla conversione». La replica: «Non potete, noi siamo al servizio della città»

di Gianni Santucci

Covid a Milano, la società sfratta l'hotel che accoglie i pazienti:  «Malati, danno per il quartiere»
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Nella tarda mattinata di giovedì il direttore dell’Ats e l’assessore regionale alla Sanità ricevono una mail in posta certificata. Scorrono le tre pagine di una lettera firmata da un famoso studio legale, che rappresenta una facoltosa società immobiliare. Sia in Regione, sia all’Ats, alla fine della lettura scuotono la testa: «Incredibile». L’autorità sanitaria milanese lavora da settimane per allestire nuovi «Covid hotel», luoghi che possano ospitare medici impegnati in prima linea e malati in convalescenza che non hanno altre possibilità di isolamento. Sono strutture decisive nella gestione della pandemia. In questi giorni l’Ats sta chiudendo un accordo con il gruppo «King-Mokinba hotels srl» per il «King hotel» di corso Magenta 19, un partner di massima affidabilità (con il quale collabora anche in un altro «Covid hotel»). La mail del 26 novembre proviene dall’immobiliare proprietaria dello stabile (dove il gruppo «King-Mokinba» è in affitto), ed è una diffida: «Qualsiasi operazione di trasformazione in “Covid hotel”» deve «essere immediatamente interrotta e non proseguita». Sulla motivazione, la lettera della proprietà («Denas srl») spiega: «L’hotel si trova in diretta adiacenza ad altre attività e immobili residenziali che potranno risentire negativamente della presenza di soggetti ad alto rischio contagio, ovvero portatori di malattia». Ieri sera hanno notificato lo sfratto all’albergo.

Vade retro medici e malati in quarantena, portateli dove volete, ma non da noi, «peraltro nel cuore della città di Milano»: questo è il senso della lettera. È una storia che racconta una corrente profonda della seconda ondata del Covid-19. Con Milano e l’Italia nel pieno della crisi sanitaria più drammatica dal Dopoguerra, e mentre in primavera i medici erano «eroi» e i malati vittime, oggi (per qualcuno) sono solo appestati da tenere a distanza. L’immobiliare ha addotto la motivazione di una rata d’affitto non pagata e ha comunicato l’immediata disdetta del contratto d’affitto dello stabile. La società che gestisce l’hotel, rappresentata dal legale Pietro Longhini, ha immediatamente risposto alla Regione e all’Ats: «Il supposto consenso della proprietà, al di là di ogni valutazione, che ci asteniamo dallo svolgere, di morale collettiva ed etica sociale, non è richiesto né tantomeno dovuto, né in base alla convenzione, né in base al contratto di locazione».

La rata in ritardo è stata già pagata e la situazione contrattuale è del tutto in regola. La società, sostiene il legale, a livello giuridico (con un contratto in essere e mantenendo un’attività alberghiera) ha piena facoltà di aderire all’invito dell’Ats. In questo modo gli albergatori, in una situazione economica disastrosa per i mancati incassi, recuperano qualche risorsa per pagare l’affitto (alla proprietà) e gli stipendi del personale. In più, si mettono al servizio della comunità piegata dalla pandemia. Sul rischio contagio, esistono le esperienze di altri «Covid hotel»: sotto il controllo dell’Ats, e con il rispetto strettissimo dei protocolli (che la società già applica al «Baviera» con attestazioni di merito), nessuna di quelle strutture di assistenza per medici e convalescenti ha mai provocato contagi. E il coronavirus, come dimostrano migliaia di studi scientifici internazionali, al contrario di quel che sostiene la proprietà non migra nell’aria a centinaia di metri di distanza (secondo l’immobiliare sarebbero invece «a grave rischio contagio» anche l’università «Cattolica», la caserma della polizia e il museo archeologico). I gestori del «King» riconfermano la loro «candidatura» all’Ats. Lo sfratto notificato ieri (contestato) arriva dopo 35 anni e milioni di investimenti. Unica motivazione: «Aver cercato di aiutare la comunità».

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