Alla fine il governo ha deciso di mettere sul tavolo l’intera posta: tutti i 25 miliardi di «indebitamento netto» consentiti come modifica del bilancio dal Parlamento. Una spesa pubblica di questo genere è quasi inaudita, eppure è del tutto insufficiente. Ad ammetterlo, nel presentare il «poderoso» decreto «Cura Italia», è lo stesso Conte e lo ripeterà subito dopo il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri. Il prossimo decreto arriverà in aprile. Sarà probabilmente anch’esso di dimensioni molto notevoli. I 5 Stelle avrebbero preferito non spendere subito tutto il capitale a disposizione. Non hanno avuto la meglio su Gualtieri e il Pd. Ha prevalso la realtà, che rende l’intero stanziamento più che necessario.

Lo sforamento non solo del deficit previsto ma del parametro del 3%, superato ora di tre decimali, avviene col pieno consenso dell’Europa. E’ anche questo un fatto inaudito e allo stesso tempo insufficiente. Nel governo e nella maggioranza lo sanno e lo ammettono tutti. La flessibilità non basta. Serve un intervento deciso e rapido della Bce o la crisi sarà rovinosa.

Il DECRETONE è a tutti gli effetti una manovra, e per un intervento di queste dimensioni è stato messo nero su bianco (quasi: molti particolari erano ieri sera ancora in via di definizione) in tempi record. Ma l’eccezionalità del caso si vede anche qui: i tre giorni spesi a discutere e spesso a litigare, con continui rinvii, l’ultimo ieri mattina, sono stati troppi in un frangente che impone di correre quanto un virus che vola.

Gli scontri principali sono stati sugli aiuti per i lavoratori autonomi, le partite Iva, i professionisti. Soprattutto Italia viva ha puntato i piedi per modificare il tetto di reddito necessario per accedere agli aiuti, ha insistito per modificare lo stanziamento di 500 euro una tantum per gli autonomi in 600 euro «per marzo», formula che apre la strada a nuovi stanziamenti per i mesi successivi, ha chiesto di allargare la platea per le moratorie dei mutui. Sulle partite Iva ha fatto muro con altrettanta decisione il Movimento 5 Stelle.

ALLA SANITÀ e alla Protezione civile vanno, sommando le due voci, 3 miliardi e mezzo. Alle misure di sostegno a lavoro e reddito la tranche più corposa: 10 miliardi. A sostegno degli autonomi, per marzo, vanno altri 3 miliardi.

L’ «iniezione di liquidità» consistente nella sospensione delle rate di prestiti e mutui dovrebbe mobilitare, negli auspici e nelle previsioni del Mef, 340 miliardi. Il termine di versamento Iva che scadeva ieri è stato posticipato sino a venerdì e la prossima rata è slittata sino al 31 maggio.

Nessuna delle voci principali del dl costituisce una novità. La principale presa in considerazione era l’abbassamento delle bollette per tutti, ma è stata cassata nel corso del week-end: troppo costosa. I cambiamenti, rispetto a quanto annunciato nelle scorse settimane, riguardano solo le dimensioni degli stanziamenti e la modulazione delle misure. La cassa integrazione straordinaria, ad esempio, è stata estesa anche alle aziende con un solo dipendente.

L’ULTIMO DEI CINQUE settori d’intervento elencati da Gualtieri è rappresentato da sostegni a vari settori: ad esempio la scuola. In questo modo, però, il decreto è diventato una specie di manovra omnibus. Col rischio, molto avvertito sul Colle, di spalancare le porte a una pioggia di emendamenti.

Ci saranno, sia della maggioranza che dell’opposizione, e nonostante i tentativi di autoregolamentazione non saranno pochissimi. Il leader della Lega Salvini è secco: «Non chiediamo miracoli ma il decreto va migliorato. Bisogna fare di più e andare più lunghi». La capogruppo azzurra al Senato Anna Maria Bernini concorda in pieno: «Bene per la sanità. Per il resto sono misure tampone».

Nessuno al governo le darebbe torto. Si tratta in effetti di misure «di prima necessità». Allevieranno il peso della crisi ma perché quel peso venga sopportato per un lasso di tempo probabilmente più lungo delle due settimane annunciate è necessario che sul fronte della lotta al virus vengano raggiunti risultati più solidi del lieve miglioramento segnalato ieri, tirando vistosamente i dati per i capelli.

La sfida per il governo è quella e ieri un passo concreto è stato fatto: i medici laureati saranno abilitati subito. Per avere 10mila medici in più da schierare in campo.