Documenti sull’Amerika di Trump (e Obama) ai tempi del coronavirus

Pubblichiamo qui di seguito alcuni materiali tratti da Labor Notes ed altre fonti, grazie alla traduzione e all-elaborazione delle compagne e dei compagni di Pagine marxiste. L’intervista (1) all’infermiera Diana Torres (“Sacchi della spazzatura invece che tute”) non è solo una denuncia della totale, criminale impreparazione delle strutture sanitarie di New York a fronteggiare l’epidemia, è anche un vigoroso appello a che gli infermieri di tutto il mondo si uniscano e lottino insieme, per sé e per i loro malati. I materiali (2) relativi al tasso di diffusione dell’epidemia a New York, diversissimo a seconda che si tratti di quartieri ricchi o di quartieri poveri, e all’altissimo tasso di letalità del Coronavirus tra i neri (3), mettono in luce la brutalità della divisione in classi e della persistente oppressione razziale della società statunitense.

New York, la città di Wall Street è la città delle fosse comuni per i morti senza parenti, o troppo poveri per avere un funerale. Questa è l’America di Trump, dirà qualcuno. Certo. Ma è anche l’America che Trump ha ereditato da Obama. Questa è la società capitalistica nella sua versione-modello,“la città posta sulla collina”, da un secolo, a illuminare il mondo. Che questo idolo dello schiavismo capitalistico stia cadendo in mille pezzi sotto i colpi dell’epidemia, è salutare. Che nel mezzo di questa tempesta si comincino a sentire, forti e chiare, dalle fabbriche e dagli ospedali, le voci dell’“altra America”, della nostra America, è tonificante. Lo aspettavamo, non è stata un’attesa vana.

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1) Sacchi della spazzatura invece di tute: intervista con un’infermiera di New York

Di Chris Brooks, in Labor Notes, 30 marzo 2020

Gli Stati Uniti ora sono in testa per casi confermati di coronavirus nel mondo e New York City è l’epicentro dell’epidemia con oltre 30.000 casi confermati [ad oggi, 10 aprile, sono diventati già oltre 170.000 – n.].

Gli operatori sanitari di New York City affermano che gli ospedali sembrano una zona di guerra. I pazienti sono accatastati in letti che fiancheggiano i corridoi. Stanno morendo così tante persone che come obitori vengono improvvisati dei rimorchi nei parcheggi degli ospedali.

La mancanza di dispositivi di protezione individuale (DPI) per gli operatori sanitari è diventata così grave che gli infermieri dell’ospedale di Mount Sinai West a New York hanno pubblicato sui social delle foto di se stessi che indossano grandi sacchi di plastica per la spazzatura, con gli hashtag #heftytotherescue e #riskingourlivestosaveyours. Alcune infermiere hanno accusato la mancanza di preparazione dell’ospedale per la morte della scorsa settimana del collega Kious Kelly, un assistente infermieristico di 48 anni che è risultato positivo due settimane fa.

Mentre le infermiere del Mount Sinai West chiedono risorse, i dirigenti dell’ospedale, che guadagnano milioni di indennità ogni anno, stanno lavorando in sicurezza dalle loro lussuose ville sull’oceano in Florida, secondo il New York Post.

RN Diana Torres, membro della New York State Nurses Association, ha pubblicamente denunciato i dirigenti dell’ospedale, il governo dello stato e le agenzie federali a causa delle condizioni pericolose. Ha parlato con Chris Brooks di Labour Notes.

Labour Notes: Puoi descrivermi com’è l’ospedale?

Diana Torres: In vita mia non ho mai visto nulla di simile. Non siamo riusciti a fermare il virus, a contenerlo e ne stiamo pagando le conseguenze. Sono spaventata a morte.

Tutti quelli che lavorano nel mio ospedale sono stati esposti. La maggior parte dei miei colleghi sono malati. Non sanno se gli faranno il tampone. Per essere sottoposti al test bisogna presentare una serie di diversi sintomi nel momento in cui ti viene chiesto. Tutti questi operatori sanitari non sanno se sono infettati e quindi non possono tornare a casa dalle loro famiglie. Se gli ospedali non eseguono i tamponi, non stanno prendendo le precauzioni necessarie per impedire al virus di diffondersi ulteriormente.

Non è irrealistico supporre che gli Stati Uniti potrebbero finire in una situazione peggiore dell’Italia. I nostri numeri sono già peggiori di tutti gli altri paesi. Le uniche persone a cui è stato fatto il test sono le persone ricche e famose, loro hanno la priorità, e le persone che stanno così male da chiedere il ricovero in ospedale.

Poiché non abbiamo fatto i tamponi fino a quando le persone non hanno presentato gravi sintomi, non siamo riusciti a tracciare la diffusione del virus. L’unica soluzione alla situazione in cui ci troviamo ora è che tutti si comportino come se fossero già stati contagiati. Ogni singola persona dovrebbe considerarsi un possibile portatore e fare tutto il possibile per impedire la trasmissione. Restate a casa, non andate a lavorare se non è essenziale, rispettate le distanze di sicurezza.

Ci stiamo avvicinando rapidamente al giorno in cui dovremo iniziare a scegliere chi vive e chi muore in base alla disponibilità di attrezzature in ospedale. Potrebbe essere il giorno in cui getterò la spugna e dirò che non posso più farlo. Non riesco a capacitarmi di una scelta del genere. La vita è importante per tutti. Tutti abbiamo uno scopo sulla Terra. E per chiunque morire a causa del fallimento del governo è solo un’altra forma di omicidio. La distruzione dell’assistenza sanitaria è in corso già da tempo. Eravamo appesi ad un filo sopra la scogliera ed ora stiamo precipitando e stiamo per colpire il fondo.

LN: Cosa avrebbe dovuto andare diversamente? Gli operatori sanitari delle zone non ancora colpite, cosa dovrebbero imparare dalla vostra esperienza?

DT: Quando abbiamo iniziato a ricevere i primi contagiati, è scoppiato il caos completo. Non siamo mai stati formati. Non avevamo nulla in corso d’opera. La direzione dell’ospedale, i massimi dirigenti, il Chief Nursing Officer e il Chief Medical Officer, le persone che decidono come fare le cose e chi le farà, si sono rifiutate di riconoscere che non eravamo pronti. Continuavano a rassicurarci che era tutto a posto e che una volta arrivato il virus, ci sarebbe stato comunicato il piano. E poi non è mai successo.

Il giorno in cui è arrivato il primo caso confermato è il giorno in cui hanno deciso di formare gli infermieri su come utilizzare correttamente i DPI. Quando parti da zero, non aspetti il ​​primo giorno del disastro per prepararti e preparare tutti mentalmente e fisicamente. Così, colpo di panico. Isteria. Alcuni hanno avuto paura di curare i pazienti perché hanno bambini a casa, sono in stato di gravidanza, hanno patologie pregresse, perché erano spaventati a morte.

Errore numero uno: non hanno preparato nessuno del personale a curare questi pazienti. Non sapevano quali sarebbero stati i DPI corretti o come e dove trovarli. Da più di un anno siamo in lotta per l’aumento delle forniture e del personale, è stato l’obiettivo principale dell’ultima campagna contrattuale del nostro sindacato. La pandemia ha peggiorato gravemente tutti i problemi già esistenti. Quindi, sin dal primo giorno, ottenere i DPI è stata una grande sfida.

Errore numero due: la verifica dei tamponi ha richiesto da due a quattro giorni. Se non si dispone di procedure per eseguire rapidamente i test per evitare di diffondere rapidamente la malattia, è necessario disporre di protocolli per trattare tutti come se avessero la malattia; altrimenti rischi di diffonderla a tutti in ospedale.

A causa di questi errori, il primo paziente positivo al COVID che è entrato nel nostro ospedale ha infettato diversi altri pazienti ed il personale.

La situazione sta letteralmente peggiorando ogni giorno. Abbiamo la responsabilità in quanto operatori sanitari, che hanno le conoscenze e sono in prima linea di fronte alla devastazione, di suonare l’allarme e di alzarsi e lottare per ciò di cui abbiamo bisogno per proteggere tutti. Gli infermieri di tutto il mondo devono unirsi e lottare. Agisci o muori.

Devono saperlo tutti: prima della pandemia da COVID, ogni singolo pezzo di DPI che si indossava per entrare in contatto con un infetto era usa e getta. Quando si entrava in una stanza di isolamento dove si trovava un paziente contagioso, si dovevano indossare il camice, la maschera ed i guanti. Quando si usciva dalla stanza, ci si doveva togliere tutto e lavarsi bene le mani, per proteggere tutti i colleghi e tutti gli altri pazienti.

Se un virus era sospeso nell’aria, si usava una maschera N95. Se era un virus trasmesso attraverso le goccioline, si indossavano una maschera chirurgica ed una visiera protettiva. Ed in entrambi i casi si disponeva di camice e guanti. Adesso, dopo settimane in cui la malattia si è diffusa in Cina e in Italia, la pandemia colpisce New York City e la prevenzione viene buttata dalla finestra. Improvvisamente, tutti i nostri DPI sono considerati riciclabili e riutilizzabili. L’ospedale ci dice che c’è solo un camice o una maschera per tutti. Il risultato è che tutti vengono esposti al virus e quindi contaminano gli altri.

La direzione dell’ospedale, il governo dello stato e le agenzie federali hanno reso questo virus molto più pericoloso a causa della loro incapacità sistemica di preparare e quindi implementare protocolli che ci avrebbero tenuti al sicuro.

Il CDC e l’OSHA (l’amministrazione della sicurezza e della salute sul lavoro) hanno perso tutta la loro credibilità tra gli operatori sanitari. Queste agenzie federali hanno abbassato gli standard e le raccomandazioni per i DPI che dovrebbero indossare tutti i lavoratori ospedalieri. Hanno detto che i DPI possono essere riutilizzati.

L’amministrazione dell’ospedale quindi non ci fornisce le attrezzature di cui abbiamo bisogno, dicendo che stanno seguendo le raccomandazioni del CDC e dell’OSHA. Quindi queste agenzie federali hanno limitato la responsabilità degli ospedali ed aumentato i nostri rischi. Non so chi sia più colpevole, la direzione dell’ospedale che ha preso queste decisioni che hanno portato tutti questi operatori sanitari ad ammalarsi, o il nostro governo ed ogni singola agenzia che avrebbe dovuto proteggerci ma invece ha rilasciato dichiarazioni che hanno reso questa situazione molto più pericolosa.

Sono cattivi tanto quanto il virus. Sono colpevoli.

LN: Le foto delle infermiere del Mount Sinai West che indossano sacchi della spazzatura come tute hanno suscitato grande attenzione a livello nazionale. Come si è arrivati a questo?

DT: Dovremmo trattare il virus come disperso nell’aria. Vediamo operatori sanitari in Cina coperti dalla testa ai piedi. Questo è quello che vogliamo. Voglio sembrare che sto per andare su Marte.

Invece, ci hanno dato una sola tuta per l’intero turno. La tuta che ci è stata data, la tuta blu, è di plastica e non ci copre la schiena.

Tutti noi abbiamo pazienti con COVID e pazienti senza COVID. Quindi, se curo un paziente che è risultato positivo o che potrebbe esserlo, dobbiamo toglierci la tuta prima di curare un paziente che non ha COVID. Dal momento che abbiamo solo una tuta, abbiamo iniziato a indossare sacchi della spazzatura per cercare di conservarla. Questo dimostra quanto siano disperate le cose in ospedale in questo momento.

Per gli infermieri di quelle zone del paese in cui il coronavirus non è ancora arrivato, dirò solo che quei sacchi della spazzatura potrebbero essere il loro futuro. Non puoi stare tranquillo sulle tue condizioni di lavoro. Devi denunciare. A New York, siamo al punto di rottura e le cose sono appena iniziate.

LN: Alcuni politici di destra e portavoce aziendali chiedono al governo di far tornare le persone al lavoro. Data la pessima situazione, quale sarà il risultato della priorità della salute del mercato rispetto alla salute degli esseri umani?

DT: Se New York City inizia a tornare al lavoro, allora mi dispiace per tutti noi. L’economia sarà colpita, qualunque cosa accada perché questo virus si sta diffondendo come un incendio. In questo momento non dovremmo preoccuparci dei profitti aziendali, dobbiamo preoccuparci di salvare quante più vite possibili. Il governo sta martellando il pubblico con messaggi per salvare il mercato azionario, ma quante persone siamo disposti a sacrificare per questo?

Il virus sta ancora mutando mentre si sposta da persona a persona. Aumentare la probabilità di esposizione di massa non solo sopraffarrà il sistema sanitario più di quanto non sia già, ma pemetterà al virus di diventare ancora più letale.

LN: Politici di destra e media come Fox hanno affermato che gli operatori sanitari come voi sono allarmisti, che il coronavirus non è peggiore dell’influenza comune, che le affermazioni sulla mancanza di DPI negli ospedali sono esagerate. Come rispondete?

DT: Invitiamo una di queste persone a venire in ospedale ed a passare un giorno nei panni di un’infermiera. Che vengano al Mount Sinai West ed indossino quello che viene fornito a noi: una sola piccola tuta che scende fino alle nostre ginocchia e non ci copre completamente, una sola maschera, una sola visiera protettiva e solo un paio di guanti che devi riutilizzare per assistere tutti i pazienti. Allora vedremo se vorranno ancora affermare che siamo allarmisti mentre trascorreranno ogni giorno delle prossime due settimane a chiedersi se sono stati contagiati.

Quindi invito chiunque ci metta in dubbio a lasciare i soldi da parte ed a venire qui, a calarsi nei nostri panni ed a ripetere che stiamo esagerando.

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2) New York: il Covid-19 sta colpendo più duramente la popolazione più vulnerabile

Di E. J. Dickson, Rolling Stone, 2 aprile 2020

An illustration of a black and white coronavirus.

Una mappa dell’Associazione per lo Sviluppo del Quartiere e dell’Abitazione (ANHD) di New York City mostra che sono le comunità di colore a basso reddito dei quartieri periferici a subire il peso della pandemia.

Questo è il principale risultato dei dati del Department of Health and Mental Hygiene, raccolti da un’infografica dell’ANHD, una coalizione di oltre 80 organizzazioni comunitarie di New York City che si occupano di alloggi e giustizia economica. Sulla base dei dati relativi al numero di casi positivi nei cinque distretti di NYC, la mappa delinea quali quartieri della città sono stati più duramente colpiti dalla pandemia, ovvero si tratta di comunità a bassissimo reddito nei quartieri periferici, composti prevalentemente da persone afroamericane e latine che lavorano nel settore dei servizi. Questi quartieri tendono anche ad avere l’onere dell’affitto più alto, ovvero la percentuale più alta di persone che pagano più del 30% del loro reddito sull’affitto.

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“Questa è una crisi di salute pubblica ma è anche una crisi che riguarda la questione abitativa, una crisi economica ma anche una crisi relativa a differenza etniche”, dice Lena Afridi, direttrice delle politiche per l’ANHD. “Questo è il punto in cui ogni singolo pezzo di infrastruttura su cui pensavamo di poter contare comincia a sgretolarsi e le persone più colpite sono quelle più emarginate. E queste sono le persone a cui abbiamo chiesto di essere in prima linea”.

Nel Queens occidentale, ad esempio, dove c’è l’ospedale di Elmhurst (recentemente profilato dal New York Times come epicentro della pandemia, dove le condizioni sarebbero “apocalittiche”) il numero di visite al pronto soccorso per i sintomi legati all’influenza (caratteristici di COVID-19) è 6,4 volte superiore alla media totale della città. Il 35% della popolazione totale lavora come personale di servizio, il che significa che lavora nel settore dell’assistenza sanitaria, nella ristorazione o nelle industrie di pulizia e manutenzione degli edifici, mentre il 61% degli alloggi nel quartiere è in affitto ed è inoltre il terzo quartiere più sovraffollato di New York City. Il tasso di sovraffollamento è particolarmente significativo, dice Afridi, se si considera quanto gli esperti di salute pubblica hanno sottolineato, ovvero l’importanza della distanza sociale come metodo per frenare la diffusione del virus. “Quando si torna a casa e si condivide un appartamento con altre tre o quattro persone, non si può tornare a casa e isolarsi”. “l’isolamento è impossibile da attuarsi” a proposito di prevenzione della trasmissione COVID-19.

D’altra parte, Manhattan, che ospita nove dei dieci quartieri più ricchi della città, ha il minor numero di casi confermati di COVID-19. “a Manhattan vivono pochissime persone che lavorano nel settore dei servizi. I residenti possono probabilmente farsi consegnare la spesa a domicilio e non hanno bisogno di uscire di casa” dice Afridi e “Hanno molta meno esposizione rispetto alle persone in prima linea”.

Il concetto che la pandemia ha messo in evidenza una stratificazione sociale ed economica già molto accentuata non è esattamente nuovo. In un rapporto pubblicato la settimana scorsa, il New York Times ha scritto di un “sistema di caste pandemiche… in rapido sviluppo” nella città, in cui i ricchi scappano nelle loro seconde o terze case mentre i professionisti della classe media si rintanano nei loro appartamenti e lavorano a distanza. “La classe operaia è in prima linea nell’economia, forzata al limite dalle esigenze del lavoro – qualora non si versi nella disoccupazione- e da quelle famigliari e di cura”.

Come attuale epicentro del virus negli Stati Uniti, New York City è il primo terreno sul quale si osservano queste dinamiche – ma questo non vuol dire che sarà l’ultimo né significa che i lavoratori non oppongano resistenza circa le loro attuali condizioni: i dipendenti di InstaCart e Amazon, per esempio, hanno appena iniziato a scioperare contro il basso compenso e le condizioni di lavoro non sicure.

Afridi dice che ci sono cambiamenti tangibili che potrebbero essere fatti per alleviare gli oneri sulle comunità a basso reddito, come gli sgravi per gli affitti, le indennità di rischio per i lavoratori dei servizi essenziali e l’ampliamento dei criteri per accedere alla disoccupazione. (Attualmente il governatore dello Stato, Andrew Cuomo, si è mosso un po’ verso l’alleggerimento dell’onere degli affitti con l’emissione di una moratoria di 90 giorni sugli sfratti). Eppure, nonostante le affermazioni di qualcuno che afferma come il coronavirus sia un “equalizzatore”, la mappa sottostante illustra invece essere tutt’altro che un “equalizzatore”.

“Siamo in un momento cruciale in cui vediamo che tutto quello che abbiamo creato comincia a disfarsi ed è palesemente chiaro chi verrà colpito per primo e chi in modo peggiore e saranno quelle persone che si è deciso che dovrebbero pensare a se stesse senza nessun aiuto o sostegno dall’esterno. Nessuno dovrebbe decidere tra pagare il cibo per la propria famiglia e pagare per avere un posto dove vivere, o addirittura decidere della propria vita. Eppure questa è la situazione in cui ci troviamo”, dice Afridi. “È un’immagine cruda da vedere”.

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3) Perché la percentuale dei neri che muoiono di covid-19 è più alta?

Di Rashawn Ray, Brookings, 9 aprile 2020

In quasi tutti gli stati degli Usa i neri hanno un tasso di infezione e di morte da Covid-19 più alto della media.

Nel Michigan i neri sono il 15% della popolazione, ma il 35% degli infettati da Covid diagnosticati, il che significa che i neri di questo stato hanno una probabilità di contrarre l’infezione del 133% maggiore rispetto alla media del Michigan. Il tasso di letalità, che è del 4% in Michigan, per i neri è del 40%. I bianchi sono il 75% della popolazione dello stato, ma quelli diagnosticati infetti sono il 25% e il 26% dei decessi da Coronavirus.

Illinois: i neri sono il 16% della popolazione, il 30% degli infettati. A Chicago il 70% dei decessi sono neri.

Stesso andamento dell’epidemia nel North e South Carolina, e a New York. Nei quattro stati mostrati nella cartina i neri hanno il 74% di probabilità in più di contrarre il virus rispetto alla media del loro stato, con piccoli divari.

Il Covid-19 non ha ancora colpito le aree rurali, dove molte contee non dispongono di un solo letto di ospedale.

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In Luisiana i neri sono 1/3 della popolazione, ma il 70% dei decessi da Covid19.

Le pre-esistenti disparità strutturali di condizioni e di salute sono la causa principale per la quale l’epidemia sta devastando in modo particolarmente virulento le comunità nere negli Usa.

I neri vivono assai più spesso dei bianchi in quartieri che non offrono scelte alimentari sane, spazi verdi, strutture ricreative, illuminazione e sicurezza. È anche frequente che i neri vivano in aree densamente popolate, il che accresce ulteriormente il potenziale contatto con altre persone. I neri rappresentano circa un quarto di tutti gli utenti del trasporto pubblico; hanno minore accesso all’assistenza sanitaria, e ciò significa che gli ospedali sono più lontani e le farmacie sono scadenti, l’attesa per prescrizioni urgenti più lunga. I problemi sanitari dei neri non sono dovuti al fatto che essi non si curano, ma al fatto che nei quartieri in cui vivono le risorse sanitarie sono criminalmente inadeguate.

Inoltre i proletari neri fanno spesso parte della forza lavoro “essenziale” nella crisi Covid-19. Sono quasi il 30% degli autisti di autobus, quasi il 20% di tutti i lavoratori dei servizi di ristorazione, dei bidelli, dei cassieri e dei magazzinieri. I lavoratori neri e le loro famiglie sono, perciò, sovraesposti in una pandemia altamente contagiosa come quella in corso. Per loro è un privilegio, concesso a pochi, poter rimanere a casa durante una quarantena.

Gli uomini sembrano più propensi delle donne a morire di Covid-19. Sennonché le donne nere sono quelle che lavorano principalmente nei servizi, o si occupano di assistenza e di lavori domestici.

Non basta: i quartieri con una popolazione a predominanza nera sono i più esposti a inquinanti e tossine. Basta guardare al corridoio Flint-Detroit, con bambini e famiglie sovraesposte al piombo. Molti hanno sviluppato la malattia del legionario (una polmonite) e altre gravi complicazioni sanitarie. A Baltimora (dove i neri sono oltre il 60% della popolazione) i livelli di piombo presenti nei bambini sono oltre il doppio del tasso considerato accettabile. L’esposizione al piombo non solo è causa di problemi sanitari, ma danneggia lo sviluppo cognitivo, le capacità di scelte razionali, il punteggio dei test scolastici. Gli USA spendono circa 15 miliardi di $ l’anno per gli avvelenamenti da piombo.

Nelle diseguaglianze sanitarie su basi razziali anche la criminalizzazione istituzionale dei neri ha il suo peso. Alcuni uomini neri riferiscono di essere stati fermati dalla polizia nei negozi perché indossavano delle mascherine protettive. Benchè la mascherina dovrebbe segnalare una precauzione sanitaria, per la polizia, se la persona è un nero, e soprattutto se è un maschio, segnala invece un potenziale comportamento criminale.

I quartieri con avvelenamento da piombo e accesso sanitario inadeguato sono gli stessi in cui persone come Freddie Grey subiscono lesioni alla schiena da parte della polizia e finiscono per morire. Di conseguenza, l’asfissiante controllo poliziesco durante Covid-19 può far sì che alcuni neri preferiscano non utilizzare i dispositivi di protezione personale.

Oltre a queste condizioni strutturali, ci sono fattori di micro-livello che influiscono sulla disparità sanitaria razziale. Nelle interazioni medico-paziente, ai pazienti neri per lo più si parla anziché ascoltarli. Alcuni medici francesi, sfoderando tutto lo spirito chauvin di cui la Francia borghese va fiera, hanno proposto che i potenziali vaccini contro il Covid-19 vengano testati su africani poveri (come i farmaci per l’Aids sono stati testati sulle prostitute)…

Sommati tra loro, le condizioni strutturali di disuguaglianza e di oppressione, e i loro effetti o risultati a micro livello, sono una sicura ricetta per il disastro. La conseguenza per i neri è una maggiore esposizione alla malattia e alla morte per coronavirus. Questo nel paese capitalistico più ricco e potente del mondo, che ha socializzato ovunque la falsissima dottrina democratica delle “pari opportunità”.

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