E-commerce

Coronavirus, rabbia e proteste nei centri Amazon. “Niente sicurezza, non lavoriamo”

Niente riduzioni di organico o di volume. Diversi contagi. A Terrazza (Torino) i dipendenti non entrano e arrivano i Nas

25 Marzo 2020

Altra giornata di rabbia e frustrazione tra i lavoratori Amazon. Ancora una volta a Torrazza (Torino), dove ieri mattina buona parte dei dipendenti si è proprio rifiutata di entrare: “La multinazionale costringe a operare su lavorazioni non indispensabili e in condizioni inaccettabili”, denunciano Filt e Nidil, sigle della logistica e dei precari Cgil.

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Poco dopo, nel centro di distribuzione – dove si sono già verificati casi di contagio da Covid-19 – è scattata un’ispezione dei carabinieri del Nas. Il colosso dell’e-commerce non sta riducendo le attività ai soli beni essenziali, questo il principale appunto dei sindacati. L’azienda di Jeff Bezos ha detto di aver “smesso temporaneamente, a partire da sabato, di accettare ordini su alcuni prodotti non di prima necessità”. Ieri pomeriggio, però, era possibile acquistare articoli non proprio imprescindibili e riceverli in 48 ore. Mettendo nel carrello un paio di auricolari blue-tooth Amazon Basics, la consegna era prevista per il 26 marzo. Stessa tempistica di una piastra per capelli; qualche giorno in più per Fifa 2020 versione PlayStation 4.

I poli logistici Amazon, insomma, funzionano a pieno regime, ogni giorno ci lavorano centinaia di persone contemporaneamente. Quello di ieri non era uno sciopero, ma un abbandono del posto di lavoro motivato “dall’emergenza e dal pericolo grave”. Così hanno scritto i sindacati in una lettera all’azienda, alla Prefettura, alla Asl e alla Regione Piemonte. “Qualora il datore dovesse violare il rispetto degli obblighi di sicurezza – affermano citando una sentenza del 2015 – i lavoratori sono legittimati a non eseguire la prestazione”. Secondo la Filt di Torino, bisogna limitare al minimo i pacchi da mobilitare, quindi far diminuire l’organico necessario usando la cassa integrazione. “Purtroppo – ha detto la segretaria Teresa Bovino – le direttive concordate con Amazon si sono scontrate con la realtà. Non solo non hanno fermato le attività superflue, hanno anche assunto nuovi interinali. Nostri iscritti ci dicono che ancora oggi smistano scatole di scarpe. Gli assembramenti continuano al cambio turno, non si rispetta il metro di distanza e mancano le mascherine”.

L’azienda ha spiegato di aver adottato diverse attenzioni, come la sanificazione frequente delle sedi. Sta tenendo a casa “chiunque non si sente bene o viva insieme a persone che hanno avuto la febbre nelle ultime 24 ore” e per questo ha “aumentato la disponibilità in termini di permessi retribuiti e stiamo permettendo alle persone di usufruire delle ferie”. Niente ammortizzatori sociali per diradare le presenze, dunque, solo precauzioni sui casi sospetti. Domani si riunirà di nuovo il comitato per la sicurezza.

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