Milano

Il referendum sulla sanità lombarda non si farà: la destra blocca il voto sul potere dei privati

Il referendum sulla sanità lombarda non si farà: la destra blocca il voto sul potere dei privati

Il quesito dichiarato inammissibile dal centrodestra in Regione. Protesta il comitato promotore. Majorino, Pd: “Mettono il bavaglio ai cittadini perché hanno paura del confronto”

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Quasi otto milioni di elettori lombardi non potranno votare al referendum sulla sanità in Lombardia in sofferenza per le liste d’attesa. Nella prima seduta del Consiglio regionale dopo la pausa estiva, il centrodestra del governatore Attilio Fontana ha decretato che il quesito proposto per la consultazione popolare è “inammissibile”.

L’ultima volta di un referendum regionale fu nel 2017, e allora fu lo stesso governatore in carica Roberto Maroni a chiamare alle urne i lombardi per promuovere la riforma dell’autonomia. Non era un referendum abrogativo, come di solito accade, ma propositivo e voluto dallo stesso centrodestra che governava allora e che regna a Palazzo Lombardia ancora oggi. Ma oggi, 12 settembre, la decisione di Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia è stata una porta sbarrata: la maggioranza ha messo ai voti e approvato il proprio ordine del giorno per decretare la non ammissibilità del referendum. E in aula si è scatenato un duro scontro tra maggioranza e opposizione.

Tre i quesiti referendari depositati da un comitato promotore composto da associazioni, sindacati e cittadini, dalla Cgil alle Acli a Medicina Democratica, e sostenuti dall’opposizione di centrosinistra. Ma era il primo quello fondamentale: chiedeva di abrogare alcune parti della legge sanitaria regionale in vigore, la riforma di Fontana e Letizia Moratti, dove prevede l'equivalenza tra la sanità pubblica e quella privata. Il centrodestra, nel suo ordine del giorno, ha decretato lo stop perché in base alle norme lombarde si dovrebbero avere solo referendum che abrogano intere leggi o commi o interi articoli. E questo non sarebbe il caso.

Una scelta politica motivata da questioni formali, la protesta del centrosinistra. Anche perché il comitato promotore aveva chiesto di sospendere il voto e aprire un dialogo sulla riformulazione del quesito, ma la riposta è stata picche. Dopo il voto del Consiglio regionale, a questo punto, si attende un ricorso al Tar del comitato referendario.

"Sconcertante la scelta della destra di mettere un bavaglio ai cittadini. Un bavaglio grosso e fragile che porterà inevitabilmente a ricorsi, un segno di una straordinaria debolezza", commenta il capogruppo Pd Pierfrancesco Majorino. "Hanno paura che si apra un confronto sulla sanità lombarda - aggiunge - viene il dubbio che non vogliano disturbare qualcuno". Protesta anche M5S con il capogruppo Nicola Di Marco, perché "è stato violato il principio del nostro statuto e non è stata data la possibilità" di esprimersi "a cittadini, associazioni e organizzazioni. Quello che è successo non fa altro che aumentare la sfiducia dei cittadini nell'istituzione”.

"Da membro dell’Ufficio di presidenza intervengo per metterci la faccia circa la totale correttezza della procedura adottata dagli uffici competenti del Consiglio regionale", replica Giacomo Cosentino, consigliere della Lista Fontana e vicepresidente dell'Ufficio di presidenza del Consiglio regionale.

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