Reddito alimentare

Reddito alimentare

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24 giugno 2021
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Lanciata da Leonardo Cecchi

REDDITO ALIMENTARE 

Il tema dello spreco e della povertà alimentare

Due numeri: 2,7 milioni e 220mila tonnellate. Rispettivamente numero di persone in Italia a rischio fame e quantità di generi alimentari buttati via ogni anno dai soli supermercati nel 2020. L’emergenza alimentare continua quindi ad esistere, affiancata da un’emergenza spreco che non si riesce a risolvere perché, ad oggi, gli enti del Terzo settore fanno un lavoro straordinario e prezioso per recuperare prodotti e metterli a disposizione di chi ha bisogno, ma non hanno mezzi e risorse a sufficienza per fronteggiare le cifre - come visto enormi - dei due fenomeni. 

Deve occuparsene lo Stato

Risolvere il problema parte da un punto: invertire il rapporto Stato/Terzo settore. Ad oggi è infatti lo Stato che scarica sugli enti la risoluzione dei due problemi, lasciando a loro l'organizzazione della filiera del dono. Per risolverli occorre che lo Stato se ne faccia carico e si faccia aiutare dal Terzo settore. Perché solo lo Stato ha i mezzi, le risorse e la forza per poter affrontare l'emergenza. 

Il Reddito alimentare è il modo per farlo 

Similmente al Reddito di cittadinanza o ad altri strumenti di sussidio, il Reddito alimentare viene garantito a tutte quelle persone in possesso dei requisiti necessari per ottenerlo, da individuarsi tramite l'INPS. Il Reddito alimentare non prevede però l’erogazione mensile di denaro sul conto o sulla carta del beneficiario, bensì un diritto ad ottenere generi alimentari sotto forma di pacchi completi di tutti quei beni che la distribuzione, ad oggi, getta via, in numero variabile a seconda delle condizioni stesse del beneficiario. 

Il beneficiario del Reddito alimentare, per accedere a quei generi alimentari, potrà prenotare il pacco su un'apposita app e ritirarlo direttamente in un centro distribuzione messo a disposizione da comuni e municipi, direttamente nei locali della distribuzione (per quelle che vorranno/potranno farlo) oppure - se utente fragile - farselo consegnare a casa dai volontari aderenti all'iniziativa o da un fattorino del partner logistico dello Stato. 

In questo quadro, la spesa dello Stato sarà solo quella di costruire l'infrastruttura digitale (la app) e pagare per la quota di consegne e ritiri dai supermercati a carico non dei volentieri, ma del partner logistico. A fronte di queste spese (contenute), potrà risparmiare sullo smaltimento dei rifiuti e aiutare milioni di persone. Nell'organizzazione dello strumento, gli basterà fare una norma ad hoc, individuare la platea di beneficiari e organizzare il lavoro a livello nazionale con il Terzo settore, già attivissimo nel ritiro e nella distribuzione di generi alimentari, e con la distribuzione stessa, che metterà a disposizione la materia prima. In questo quadro, lo Stato colma con i propri mezzi la mancanza di mezzi e di risorse del Terzo settore per affrontare l'emergenza. 

PERCHE' CONVIENE A TUTTI?

Perché conviene allo Stato

Perché costa poco

I prodotti che compongono i pacchi alimentari sono parte dello spreco e sono donati dalla distribuzione e non rappresentano un costo (che sarebbe il maggiore). I soli costi sono la realizzazione di una semplice app e il pagamento per la parte di ritiro e consegne in capo al partner logistico. Parliamo di pochi milioni di euro a livello nazionale. Cifre infinitesimali rispetto a qualunque altro strumento d’integrazione al reddito.

Perché fa risparmiare

L’invenduto oggi non donato e gettato via non rappresenta solo un costo per la filiera, ma anche per lo Stato. Quelle decine di migliaia di tonnellate prodotti alimentari producono una massa enorme di rifiuti. Rifiuti il cui smistamento e smaltimento sta in capo allo Stato, che per gestire il processo spende milioni di euro. Incidere la sacca dello spreco, riducendo i rifiuti, significa risparmiare su quella spesa.

Perché fa girare l’economia

Una famiglia in condizione di povertà a cui è ridotta l’incombenza della spesa tramite il Reddito alimentare, non nasconderà sotto il materasso quei 2/300 euro mese risparmiati evitando di comprare alcuni generi alimentari di prima necessità. Li spenderà ugualmente, ma in altri beni e servizi. La famiglia ne beneficerà in termini di inclusione sociale, il tessuto economico ricevendo altre risorse.

Perché conviene alla distribuzione

Perché contiene le perdite

Grazie alla legge Gadda, donare è conveniente. I supermercati, donando invenduto che altrimenti dovrebbero buttare, contengono così le perdite accedendo all’esclusione ai fini IVA e la deducibilità integrale del costo di acquisto del prodotto. Parliamo di un risparmio di milioni.

Perché non richiede alcuno sforzo

Per far funzionare il Reddito alimentare non è richiesto alla distribuzione nessuno sforzo ulteriore rispetto a quello che già fa oggi per donare agli enti del terzo settore. Caricare i prodotti e portarli nei centri di distribuzione è un onere che sta in capo ai volontari o al partner logistico. Per i supermercati è infatti facoltativo dedicare un piccolo spazio nei propri locali per consentire ai beneficiari di poter ritirare da loro i pacchi. 

Perché aumenta le vendite di prodotti a basso tasso di invenduto

La famiglia che tramite il Reddito alimentare accede soprattutto a beni di prima necessità incidendo la sacca della quota maggiore dell’invenduto (perché sono prodotti come pane, pasta, latte ed ortofrutta ad essere quelli con maggiore tasso di spreco), può come detto decidere di allocare le risorse risparmiate in altri beni. E nessuno vieta loro di spendere quel denaro nei supermercati per acquistare prodotti che prima escludevano dalla lista della spesa perché non indispensabili. La distribuzione, donando invenduto, apre quindi la possibilità di aumentare le vendite di altre categorie di prodotti.

Perché conviene agli enti del terzo settore

Perché toglie gli enti dalla solitudine nella gestione delle emergenze

Come detto, sugli enti oggi lo Stato scarica di fatto una grossa quota di responsabilità sulla gestione dello spreco e della povertà alimentare. Li lascia soli, o quasi, nel fronteggiare fenomeni mostruosamente grandi. Con il Reddito alimentare, lo Stato colma le normali e umane mancanza di risorse del Terzo settore schierandosi in prima persona e assumendosi la responsabilità di co-gestire le emergenze.

Perché li rende ufficialmente colonna portante di uno strumento d’inclusione

Con il Reddito alimentare, gli Enti diventano il pilastro su cui si reggono i due grandi paradigmi dello strumento: l’esperienza sul campo, che serve per gestire fattivamente sia le utenze sia il processo di gestione pacchi (compresa la loro preparazione), e il risparmio da parte delle finanze pubbliche, che possono mantenere costi di gestione del progetto più bassi grazie al supporto dei volontari, rendendo così davvero sostenibile – e non una chimera –  uno strumento di aiuto concreto alle persone.

Perché non li ingloba né li sostituisce, ma si integra con loro e li integra esso stesso

La distribuzione, nei locali o in una parte delle consegne, la fanno i volontari, come detto. La fanno le persone di quei mondi associativi ognuno con le proprie caratteristiche, identità e particolarità. Che con il Reddito alimentare vengono rispettate. Perché non c’è nessuna etichetta sui volontari che consegnano o distribuiscono i pacchi, se non quella delle loro associazioni. Né, tantomeno, viene messo alcun cappello sul loro lavoro.

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