In questi giorni a Copenaghen si stanno prendendo decisioni importanti per il Pianeta.
Nel nostro piccolo uniamoci agli sforzi che varie Associazioni stanno profondendo per spingere i Potenti della Terra ad assumersi gli impegni che la gravità della situazione ambientale richiede.
Invito quindi a sottoscrivere lappello contenuto nel sito www.100piazze.it e a far girare tra i vs. conoscenti.
Ciao.
Leo
ll comitato promotore, riunitosi il 24 novembre 2009
1) ha analizzato e discusso gli esiti del questionario sull'informazione proposto nelle scorse settimane, via mail, ai firmatari;
2) ha preso atto della diffusa volontà di proseguire nell'impegno sul tema dei diritti costituzionalmente garantiti e, più in particolare, su quello relativo all' informazione libera e plurale (art. 21). Tale impegno deve vedere coinvolti gli esponenti del comitato e, al tempo stesso, tutti coloro - individui e organizzazioni - che intendono offrire il loro contributo a una decisiva causa di democrazia. La focalizzazione dovrà privilegiare i contenuti locali e la situazione dei media comaschi;
3) invita quanti hanno a cuore il problema a partecipare all'incontro, promosso dal Comitato comasco Difesa della Costituzione, alle 18 di giovedì 3 dicembre p.v., in biblioteca comunale a Como, con Giuseppe Giulietti, parlamentare, giornalista coordinatore nazionale Associazione Articolo 21;
4) Comunica l'avvio di una nuova esperienza di informazione libera e democratica on line già operativa grazie all'impegno del Circolo Arci ecoinformazioni che ha realizzato per questo un blog dedicato al tema della libertà di stampa e comunicazione a Como, raggiungibile all'indirizzo http://servenonserva.wordpress.com. Sul tema specifico il Comitato ritornerà a breve con maggiori dettagli, anche di natura tecnica, allo scopo di creare l'assoluta orizzontalità di gestione dello strumento.
Si apre subito una fase sperimentale nella quale tutti sono invitati a intervenire nel dibattito che ci auguriamo possa crescere sulla rete (con una particolare attenzione, ripetiamo, alle vicende legate al nostro territorio...). Gli scritti possono dal 3 dicembre 2009 essere indirizzati via mail a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. in forma definitiva e saranno inseriti come arriveranno nelle pagine del blog con l'indicazione dell'autore;
5) ha ipotizzato forme di finanziamento delle proprie attività, compresa l'esperienza accennata. In questo caso la partecipazione ai costi dovrà essere naturalmente proporzionale alle dimensioni che l'iniziativa andrà assumendo. Va per altro detto che, finora, il compito di segreteria del Comitato è stato svolto dallAssociazione ecoinformazioni a titolo gratuito;
6) Il Comitato promotore delle iniziative sulla libertà di stampa si pone come momento di sintesi e di stimolo per attività di rete tra i tanti soggetti interessati alla difesa dei valori fondanti lo Stato democratico. Si chiede a quanti sono portatori di storiche e ricche esperienze (organizzazioni sindacali, associazioni, partiti, terzo settore....) la disponibilità a circuitare (linkare) un così grande patrimonio di analisi, proposte, vissuti;
In attesa di risentirci e di ritrovarci (attorno alla metà di gennaio) porgiamo a tutti fraterni saluti.
Comitato promotore mobilitazione in difesa della libertà di stampa
27.11.2009
700 persone a pregare in un parcheggio: la città sta perdendo la sua caratteristica di accoglienza.
Spiace per una città come Como, vedere 700 persone appartenenti alla Comunità Musulmana che da anni vivono sul territorio, costretti a celebrare la loro festa più importante, la Festa del sacrificio, al freddo in un parcheggio di via Muggiò quasi nascosti agli occhi della città, provocando inoltre problemi viabilistici e problemi per la non disponibilità del parcheggio.
Queste persone che da anni vivono, lavorano, vanno nelle nostre scuole, giocano con i nostri ragazzi, avrebbero meritato per questa festa, uno spazio più consono al coperto.
Noi di PACO - Progetto per Amministrare Como, abbiamo provato un profondo imbarazzo nel vedere queste persone relegate in un luogo assolutamente inadatto.
Da anni c’è a Como una campagna mediatica che propone diffidenza e paura nei confronti dei migranti, specialmente per quelli di religione islamica.
PACO non ha paura di affrontare il confronto con diverse culture, religioni e tradizioni, respingendo qualsiasi elemento di chiusura, di incomprensione e di razzismo.
Avremmo auspicato che chi amministra questa città, sollecitata magari dalle altre autorità religiose, avesse assunto un atteggiamento e dei provvedimenti più favorevoli al dialogo e all’integrazione, autorizzando la comunità musulmana all’uso di un luogo pubblico ben più adatto alla preghiera.
Luoghi e strutture non mancano nella nostra città, manca purtroppo l’attenzione, il rispetto per i sentimenti religiosi di persone di altre fedi che comunque da anni sono appartenenti alla nostra città e molti sono anche cittadini italiani.
Auspicando che questa sia l’ultima brutta figura della nostra città, chiediamo che l'amministrazione comunale si impegni a trovare una sistemazione più consona all’esigenza di questo gruppo di persone.
Per PACO – Progetto per Amministrare Como Luigino Nessi, portavoce incaricato dei rapporti sociali
Nella trasmissione in diretta su espansione tv di venerdì scorso (27/11) il sindaco di Como ha dichiarato che sulla questione muro sul lago la cittadinanza è stata portata a conclusioni fuori misura, fomentata dai partiti di minoranza e dai giornalisti.
Forse il sindaco di Como non ha ancora capito che l’errore grave non è solo l’extra muro, come continua a ripetere aggiungendo anche che con la passeggiata sopraelevata tale scempio avrebbe trovato la sua giustificazione. L’errore grave è stato e rimane l’incompetenza dell’amministrazione dimostrata nella gestione di un progetto così qualificante e determinante per l’aspetto ed il futuro della città; l’incapacità di recepire le sollecitazioni arrivate da più parti a rivedere il progetto verso un minor impatto e a rigettare l’ipotesi dell’uso del lago come riserva idrica; la volontà di far passare senza informazione e discussione varianti discutibili quali la trasformazione delle paratie da mobili a fisse. Con queste premesse, la città come potrà credere alla nuova promessa di un lungolago "più bello di prima" ?
Forse il sindaco di Como non ha capito che se tutta una città si muove contro una decisione della sua amministrazione, pur votata con ampio margine, non si può ridurre il problema al fatto che tutti non abbiano capito niente e che siano succubi di una manovra; forse dimentica che esiste il diritto dei cittadini al controllo ed alla critica, dimentica che le risposte ai cittadini non si devono dare solo quando diventano probabili elettori ma anche e durante tutto il mandato.
Il sindaco di Como sostiene poi che non ci sia un nesso tra la richiesta di dimissioni dell’ex assessore Caradonna e quanto è successo e riduce il tutto ad un processo di piazza; ma chi deve rispondere di un errore di queste dimensioni sulla realizzazione di un’opera pubblica se non l’assessore responsabile ?
In un certo senso però il sindaco di Como ha ragione: su un’opera di queste dimensioni dovrebbe rispondere anche il sindaco stesso; e perciò rigiriamo a lui la domanda, sommando al muro anche la cattiva gestione delle aree dismesse, le concessioni edilizie facili ed in deroga non solo al piano regolatore ma al buon senso, l’incapacità di risolvere il nodo del traffico in città, la riduzione degli spazi per la cultura; la mancanza totale cioè di una visione della città di Como per il futuro.
Comitato spontaneo di cittadini “Giù la Giunta” - Como
Convegno “Partecipare a Como: perché? come? dove?”
sabato 28 novembre
Aula Magna dell’Università dell’Insubria - via S. Abbondio 9 – Como
A ogni secondo la città infelice contiene una città felice che nemmeno sa di esistere (I. Calvino; Le città invisibili; Einaudi; 1980; Torino), con quest’idea il CSV di Como ha cercato di co-costruire un percorso sulla partecipazione sociale per indagare come le varie realtà di questo territorio si confrontano e interagiscono tra loro. Lo scopo? Immaginare e progettare il futuro, insieme.
«Si sente spesso ripetere» spiega Martino Villani direttore Csv di Como «che bisogna riuscire a lavorare insieme, unire le competenze e le forze in modo sinergico, ma non c’è occasione per fermarsi a ragionare sul perché sia così difficile lavorare in rete.
Il convegno di sabato 28 è un momento privilegiato di questo percorso al quale invitiamo tutti a partecipare, perché nella capacità di lavorare, interagire e progettare insieme c’è in nuce il futuro del nostro territorio».
Sono diversi i soggetti che convivono e interagiscono in ambito locale: terzo settore, istituzioni socio-sanitarie, scuola, mondo economico, associazioni, sindacati, organizzazioni di volontariato.
Complessità, frammentazione e divergenze ostacolano la possibilità di progettare insieme azioni incisive sulla realtà e di formulare proiezioni condivise.
Proprio per ricercare convergenze utili ai prossimi interventi su questo territorio e creare le premesse per efficaci collaborazioni, l’Associazione del volontariato comasco – Centro servizi per il volontariato invita al convegno “Partecipare a Como: perché? come? dove?”. In questa occasione si vuole dare valore all'esperienza del dialogo e della comprensione, su questioni definite, finalizzate al favorire una migliore analisi dei problemi, non ricercando la semplificazione delle differenze o la concordanza dei punti di vista, ma scoprendo dei punti comuni sui quali gettare basi per futuri investimenti.
Il lavoro di progettazione del convegno si è svolto attraverso un laboratorio partecipato da diversi attori rilevanti del territorio: Univercomo, Confindustria Como, ASL Como, Consorzio Sol.Co Como, Fondazione Provinciale della Comunità Comasco, Istituto magistrale di scuola superiore “T. Ciceri”, Provincia di Como, Comune di Como, Coordinamento degli Uffici di piano, , Associazione Aiart, Associazione L’Isola che c’è, Associazione Incroci, Associazione So.La.Re, Associazione Telefono donna, Cisl Como, Coop. Altreconomia.
Il programma prevede:
ore 09.30 SalutiIl gruppo progettuale ha condiviso il metodo di lavoro, individuando due temi emergenti (il sistema lago e il dormitorio in
città). I casi di studio sono stati scelti perché significativi per lo sviluppo del territorio, capaci di suscitare l’interesse alla
partecipazione e perché adatti a coinvolgere un nuovo gruppo di attori che aiutassero a comprendere come la
partecipazione si realizza sul territorio comasco.
Questi due temi sono stati oggetto di 15 interviste nella scuola Dreamers della Camera di Commercio di Como, rivolte a
referenti di Istituzioni e organizzazioni locali che nel tempo si sono impegnate sui temi in esame. Le interviste e i relativi
video sono stati utili per esplicitare/definire i diversi sguardi e le possibili convergenze emerse.
Filippo Camerlenghi, Il Faro Verde,
Mauro Guerra, presidente piccoli comuni Anci e vicesindaco di Tremezzo
Alberto Bracchi, La città possibile
Carlo Romanò, Provincia di Como
Ambra Garancini, associazione Iubilantes
Luigi Guglielmetti, FIPS
Achille Mojoli
Rocco Belmonte, ex Comune di Como
Rosangela Pifferi, ufficio stranieri e Anolf
Bruno Vegro, Lila
Luigi Nessi, Paco
Carlo Guffanti, Don Guanella
Alessio Butti,
Simona Saladini
E’ stato un laboratorio per indagare la capacità di fare rete, di collaborare.
ore 10.45 Riflessioni partecipate. Francesca Paini, consorzio Solco Como per il gruppo di lavoro “Partecipare a Como” e Sofia De Ascentiis, docente istituto Teresa Ciceri
puoi anche scaricare i file video in formato dvx:
mattina (695mb)
pomeriggio (850mb)
Sede: via Col di Lana 5 22100 Como – tel. 031-301800 – fax 031- 2759727 -
E-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. Web: www.csv.como.it
La violenza contro le donne*
DPI/2035/D - Documento Informativo n. 4 di ONUITALIA
"La violenza contro le donne è forse la violazione dei diritti umani più vergognosa. Essa non conosce confini né geografia, cultura o ricchezza. Fin tanto che continuerà, non potremo pretendere di aver compiuto dei reali progressi verso l’uguaglianza, lo sviluppo e la pace."
Kofi Annan, ex Segretario Generale delle Nazioni Unite
La violenza nei confronti delle donne assume varie forme. Essa comprende: la violenza domestica, gli stupri, il traffico di donne e bambine, l’induzione alla prostituzione e la violenza perpetrata in occasione dei conflitti armati, quali omicidi, stupri sistematici, schiavitù sessuale e maternità forzate. In questo genere di violenza rientrano inoltre i delitti d’onore, la violenza collegata alla dote, gli infanticidi femminili e la selezione prenatale del sesso a favore dei bambini di sesso maschile, le mutilazioni dell’apparato genitale femminile, e altre pratiche e tradizioni dannose.
La Dichiarazione sull’eliminazione della Violenza nei confronti delle Donne, adottata nel 1993 dall’Assemblea Generale, testimonia il riconoscimento e la comprensione internazionale del fatto che la violenza contro le donne costituisce una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione nei confronti delle donne.
La Piattaforma per l’Azione, adottata dalla Quarta Conferenza Mondiale sulle Donne svolta a Pechino nel 1995, identifica la violenza nei confronti delle donne come una delle 12 aree di crisi che necessitano una particolare attenzione da parte dei governi, della comunità internazionale e della società civile.
Nel corso della sua quarantaduesima sessione nel 1998, la Commissione delle Nazioni Unite sulla Condizione delle Donne ha proposto che vengano assunte ulteriori azioni e iniziative da parte degli stati membri e della comunità internazionale per porre fine ala violenza contro le donne, compresa l’inclusione di una prospettiva sessuale in tutte le politiche e i programmi più importanti. Fra le conclusioni finali della sessione erano comprese delle misure per appoggiare l’operato delle organizzazioni non governative, volte a combattere tutte le forme di traffico di donne e bambine, promuovere e proteggere i diritti dei lavoratori immigrati, specialmente donne e bambini, e incoraggiare la ricerca coordinata sulla violenza contro le donne.
Le risposte da parte della comunità internazionale
A partire dalla Conferenza di Pechino di cinque anni orsono, sono state assunte delle importanti iniziative a livello internazionale per eliminare la violenza nei confronti delle donne:
• Un Protocollo Opzionale alla Convenzione sull’Eliminazione di Tutte le Forme di Discriminazione nei confronti delle Donne, adottato dall’Assemblea Generale ONU il 6 Ottobre 1999, riconosce alle donne il diritto di chiedere riparazioni per le violazioni dei loro diritti umani, compresa la violenza a carattere sessuale.
• L’Assemblea Generale, nel 1997 ha adottato le Strategie Modello e le Misure Pratiche per l’Eliminazione della Violenza nei Confronti delle Donne nel Campo della Prevenzione del Crimine e della Giustizia Penale.
• Lo Statuto della Corte Penale Internazionale, adottato nel Giugno 1998, prende esplicitamente in considerazione i crimini a base sessuale, così come è stato fatto dai Tribunali Penali per la ex Iugoslavia e il Ruanda.
• Una bozza di protocollo per un nuovo trattato — la proposta di Convenzione delle Nazioni Unite contro il Crimine Transnazionale Organizzato — si concentra sul traffico di esseri umani, specialmente donne e bambini.
La violenza domestica
La violenza domestica, specialmente il maltrattamento delle mogli, è forse la forma di violenza nei confronti delle donne maggiormente diffusa. Nelle nazioni nelle quali sono disponibili studi affidabili condotti su vasta scala sulla violenza sessuale, oltre il 20 per cento delle donne riferisce di aver subito degli abusi da parte degli uomini con i quali vivono.
Stupri e violenze domestiche portano alla perdita di un maggior numero di anni di vita sana, fra le donne di età compresa fra i 15 e i 44 anni di vita, che non il cancro al seno o alla cervice dell’utero, impedimenti lavorativi, guerra o incidenti automobilistici, secondo quanto rivela il Rapporto sullo Sviluppo Mondiale presentato nel 1993 dalla Banca Mondiale.
In risposta alla Piattaforma per l’Azione di Pechino, gli stati membri dell’ONU e la comunità internazionale hanno cercato dei modi per affrontare in maniera più efficace la violenza domestica:
• Numerosi stati hanno adottato una legislazione che riconosce che la violenza esercitata dal marito nei confronti della moglie dev’essere trattata alla stessa stregue di quella praticata da un estraneo. In Svezia, simili comportamenti vengono considerati delle gravi violazioni dell’integrità femminile e vengono puniti con delle sanzioni più severe rispetto al caso in cui lo stesso atto sia diretto contro uno sconosciuto.
• L’Austria, la Bielorussia, il Bhutan, l’Ungheria, il Messico, il Portogallo e le Seychelles hanno, per la prima volta, reso un reato penale la violenza sessuale compiuta dai mariti contro le proprie mogli.
• Nello Sri Lanka il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia (UNICEF) ha lavorato in stretta collaborazione con le autorità e le organizzazioni non governative, per prevenire la violenza domestica mediante l’educazione pubblica, impiegando a tale scopo i media e seminari tesi a sensibilizzare verso il problema i funzionari del sistema giudiziario e le forze di polizia.
• Bielorussia, Polonia, Russia e Zimbabwe sono fra gli stati che hanno cercato di introdurre servizi per aiutare le vittime della violenza domestica quali rifugi e linee telefoniche speciali.
• Altri stati, tra cui l’Algeria e il Brunei Darussalam, hanno introdotto unità per la violenza domestica all’interno dei propri dipartimenti di polizia.
• L’Islanda ha lanciato un progetto sperimentale della durata di due anni rivolto ai maschi violenti chiamato "Uomini di responsabilità". Il progetto viene sottoposto a controlli quotidiani da parte della Croce Rossa islandese e sarà valutato allo scadere del biennio.
Il traffico delle donne
Si stima che il traffico di donne e bambine, molto spesso per uno sfruttamento commerciale del sesso, produca un fatturato annuale che, secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale per le Migrazioni (OIM), arriva fino a 8 miliardi di dollari. Gli enormi profitti che i responsabili traggono da queste attività, sempre più spesso legate al crimine organizzato, hanno trasformato questo commercio in una minaccia globale rapidamente crescente.
Le donne e le ragazze povere sono fra i principali bersagli dei trafficanti a causa della loro marginalizzazione e delle limitate risorse economiche a loro disposizione. Alcune di esse partecipano volontariamente al traffico a causa della promessa di guadagni più elevati e della possibilità di scappare dalla povertà. Altre vengono invece costrette con la forza, gran parte a prostituirsi contro la propria volontà. Per combattere questo fenomeno:
• Le Filippine hanno lanciato un’iniziativa in cooperazione con la società civile e altri governi, che prevede formazione e sviluppo di procedure per le agenzie che sono in prima linea nel combattere il traffico di donne e bambini.
• La Polizia lituana ha creato una Divisione per Combattere il Traffico all’interno del Dipartimento di Polizia come parte delle sue attività di indagine sul crimine organizzato.
• La Cina ha introdotto degli emendamenti al suo codice penale relativamente al rapimento di donne e bambine e all’induzione alla prostituzione.
• Al fine di fermare il traffico nelle aree di confine, il Myanmar ha creato otto centri professionali riservati a donne e ragazze.
• I Paesi Bassi hanno nominato un relatore nazionale il cui compito sarà di offrire una visione d’insieme di vasta portata dei dati relativi al traffico di donne e sui metodi per la prevenzione.
• L’Albania e la Federazione Russa hanno lanciato delle campagne di educazione dirette alle potenziali vittime.
Le mutilazioni dell’apparato genitale femminile
Secondo il Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione (UNFPA), si stima che tra 85 e 114 milioni tra donne e ragazze , gran parte delle quali vivono in Africa, nel Medio Oriente e in Asia, siano state sottoposte a mutilazioni dell’apparato genitale (female genital mutilation — FGM).
La pratica della FGM, o "circoncisione femminile", si riferisce alla rimozione integrale o parziale del clitoride e di altri organi dell’area genitale. La sua forma estrema, l’infibulazione, prevede la rimozione del clitoride e di entrambe le labbra che vengono poi cucite con la vulva, lasciando solo una piccola apertura per consentire il passaggio delle urine e del flusso mestruale.
Questa mutilazione delle ragazze ha importanti conseguenze sia a breve che a lungo termine. Essa è estremamente dolorosa e pu˜ causare delle infezioni e anche la morte, come pure difficoltà nel parto e una maggiore suscettibilità a contrarre il virus dell’HIV/AIDS. Questa pratica riflette un predominante consenso sociale sul fatto che la verginità di ragazze e donne debba essere preservata fino al matrimonio e sul fatto che la loro sessualità debba essere controllata. In queste culture gli uomini spesso non sposano donne o ragazze non circoncise che essi considerano "impure" e "sessualmente permissive".
Le iniziative contro la FGM attuate dopo la Conferenza di Pechino comprendono:
• Nel Settembre 1997, come parte di una campagna d’opinione internazionale, l’UNFPA ha nominato Waris Dirie, un’attivista e top model, sua Ambasciatrice Speciale per l’Eliminazione delle Mutilazioni dell’Apparato Genitale Femminile.
• L’Organizzazione Mondiale della sanità ha sviluppato dei materiali per la formazione e svolto dei seminari per aumentare la consapevolezza fra le balie e le levatrici della regione africana e del Mediterraneo occidentale, nel tentativo di sollecitare un loro attivo coinvolgimento in qualità di attive sostenitrici della lotta alla FGM.
• La Tanzania è una delle dieci nazioni nelle quali la mutilazione dell’apparato genitale femminile viene largamente praticata, ad avere promulgato delle leggi che rendono illegale questa pratica. Le sanzioni comprendono multe e imprigionamento. Gli altri nove paesi sono il Burkina Faso, la Repubblica Centro Africana, Gibuti, il Ghana, la Guinea, il Senegal, il Togo, la Costa d’Avorio e l’Egitto.
• Nazioni quali l’Australia, il Canada, la Nuova Zelanda, il Regno Unito e gli Stati Uniti d’America, nelle quali vivono delle popolazioni immigrate che praticano questo rituale, hanno tutte approvato degli statuti che cercano di eliminare il fenomeno.
• La Nigeria ha istituito dei centri di cura con aule ad anfiteatro per le fistole vescico-vaginali per fornire assistenza alle donne sposate in giovane età che sono state sottoposte a mutilazioni dell’apparato genitale.
Per ulteriori informazioni si prega contattare
Daniela Salvati/Katia Miranda
Centro di Informazione delle Nazioni Unite
Piazza San Marco, 50
00186 - Roma
Tel. 06.6789907
Fax 06.6793337
Questo documento informativo si basa sul testo "Review and Appraisal of the Implementation of the Beijing Platform for Action: Report of the Secretary-General" (E/CN.6/2000/PC/2).
Pubblicato dal Dipartimento Pubblica Informazione delle Nazioni Unite
DPI/2035/D — Maggio 2000
Traduzione non ufficiale a cura del Centro di Informazione delle Nazioni Unite, Maggio 2000.
*Tratto da www.onuitalia.it
La violenza di genere nell’arco della vita delle donne
Fase Tipo di violenza
Prenatale Aborti selettivi per sesso, percosse durante la gravidanza, gravidanza forzata (stupro di guerra, etnico)
Prima infanzia Infanticidio femminile, abusi emotivi e fisici, differenze nell’accesso al cibo e all’assistenza medica
Infanzia Mutilazioni dei genitali, incesto e abuso sessuale, differenze nell’accesso a cibo, assistenza medica e istruzione; prostituzione infantile
Adolescenza Violenze durante il corteggiamento, rapporti sessuali sotto coercizione economica, abusi sessuali sul posto di lavoro, stupro, molestie sessuali, prostituzione forzata
Età riproduttiva Abusi sulle donne da parte del partner, stupro coniugale, abusi e omicidi per dote, assassinio per mano del partner, abusi psicologici, abusi sessuali sul luogo di lavoro, molestie sessuali, stupro, abuso di donne disabili
Vecchiaia Abusi sulle vedove, abusi sugli anziani (che riguardano per lo più donne)
Fonte: Heise, L., Violence Against Women: The Hidden Health Burden, World Bank Discussion Paper, The World Bank, Washington, DC 1994.
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