L’ordinanza emanata dal Sindaco di Como Mario Landriscina, sostenuto da Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia, viola i principi fondamentali della Costituzione della Repubblica e lede la dignità umana.
Pensare che, anziché combattere le cause della Povertà, il compito di un sindaco sia quello di nascondere l’esistenza dei poveri, vietando la permanenza nel centro cittadino a chi è in condizioni di disagio ed impedendo alle organizzazioni di volontariato di fornire supporto e assistenza, mediante la repressione, è un fatto gravissimo.
Dal famigerato “prima gli italiani” cavallo di battaglia della lega di Salvini si è passati al “prima i ricchi” perché evidentemente i poveri, anche se “italiani” disturbano gli acquisti natalizi.
Questa ordinanza antisociale arriva dopo una serie di provvedimenti che avevano l’obbiettivo di rendere sempre peggiori le condizioni di vita delle persone in condizioni di grave marginalità.
Sette anni fa gli enti hanno costituito un Coordinamento -di cui fa parte lo stesso Comune di Como- con la finalità di lavorare per migliorare la qualità della vita delle tante persone senza dimora della nostra città. Lo stile che fin da principio ha contraddistinto la nostra attività è stato quello di lavorare in una logica di rete e di condivisione nel rispetto delle diverse competenze e posizioni. L’ordinanza in oggetto, che va a colpire indistintamente e senza opportuno discernimento le persone con cui e per cui noi operiamo, è stata purtroppo emanata senza la minima condivisione (o preventiva comunicazione) da parte dell’Amministrazione Comunale. Lungi da noi voler dettare la linea a Sindaco e Giunta, siamo però rimasti colpiti dal metodo: nessun coinvolgimento in merito e nessuna volontà di ascolto/confronto preventivo con chi da anni opera, in collaborazione con l’Amministrazione, e con il coinvolgimento di tantissimi cittadini volontari, nell’ambito della grave marginalità. Un fulmine a cielo (quasi) sereno. Da qui la necessità di esprimerci attraverso questo comunicato, dopo aver comunque espresso personalmente alla Vicesindaco quanto qui riportato, come riteniamo corretto in una logica di rete.
Il Sindaco ha affermato di essere disponibile ad incontrarci. Noi ci siamo e continuiamo a credere in un dialogo costruttivo, distante da strumentalizzazioni politico-partitiche ma improntato alla ricerca di soluzioni condivise.
ELEZIONI REGIONALI IN LOMBARDIA: PATTA E CAPELLI (PRC/SE): «LA DEMOCRAZIA NON E’ DI CASA IN LOMBARDIA».
Antonello Patta (Segretario Regionale Prc/SE Lombardia e membro della Direzione Nazionale Prc/SE) e Giovanna Capelli (Direzione Nazionale Prc/SE) hanno dichiarato:
«Il presidente leghista e la sua maggioranza di destra si sono resi responsabili nella seduta del Consiglio Regionale di ieri di una gravissima ferita alla democrazia nella nostra regione. E’ rimasta inascoltata la richiesta di condizioni di parità tra forze politiche già presenti e non nel consiglio nella presentazione delle liste per le elezioni regionali.
Infatti non solo è rimasto inalterato il meccanismo che tutela e avvantaggia le forze che hanno gruppi costituiti nel Consiglio Regionale, ma è stato confermato il numero abnorme di firme richiesto per nuove formazioni che volessero concorrere nella competizione elettorale: un numero pari a quello da raccogliere per le elezioni politiche in tutto il territorio nazionale. Ad esempio In provincia di Sondrio, in Valtellina, è richiesto un numero di firme 15 volte superiore a quelle previste per il corrispondente collegio uninominale della Camera.
“Abbiamo scoperto che l’onorevole Molteni è sindaco di Como: sull’ordinanza contro i poveri dichiara ‘io vado avanti’, ‘nessun passo indietro’; e se invece il dottor Landriscina volesse correggere il tiro ed evitare guai peggiori alla città, additata ovunque come esempio di inutile spietatezza? Perché un conto è utilizzare le ordinanze che nelle intenzioni dei ministri Minniti e Orlando devono “prevenire situazioni che favoriscono l’insorgere di fenomeni criminosi o di illegalità” quali spaccio, sfruttamento della prostituzione e accattonaggio con minori e disabili; un altro è spingersi fino a vietare ai volontari e alla popolazione di dare da mangiare o da bere alle persone in povertà”. Lo dichiarano i deputati comaschi del Partito Democratico, Chiara Braga e Mauro Guerra in risposta ai commenti del collega leghista Nicola Molteni intervenuto a difesa dell’ordinanza anti accattonaggio approvata nei giorni scorsi dal sindaco di Como Mario Landriscina.
Modifiche e integrazioni alla legge regionale 16 luglio 2007, n. 16 (Testo unico delle leggi regionali in materia di istituzione di parchi) - Ampliamento dei confini del parco regionale delle Groane e accorpamento della riserva naturale Fontana del Guercio e del parco locale di interesse sovracomunale (PLIS) della Brughiera Briantea
L’idea che la Brughiera meritasse di far parte di un Parco Regionale viene da lontano, esattamente dall’inizio degli anni ‘80, tra le mura della bottega di Piero Ronzoni a Cabiate dove si ritrovava un gruppo determinato e attivo di amanti dei territori a verde di Meda e Cabiate. Da subito i componenti del gruppo si confrontarono sulla necessità di tutelare e valorizzare prati, brughiere e boschi con “l’ideologo” del Parco della Brughiera, Giorgio Achermann, iniziando anche a realizzare ponti sui torrenti nei boschi e passerelle per permettere a tutti una fruizione sostenibile di questi luoghi allo scopo di farli conoscere e apprezzare.
Il 10 maggio 1981 il Gruppo Naturalistico della Brianza, presieduto da Giorgio Achermann, organizzò a Cantù un convegno che riuniva le autorità regionali, alcuni sindaci e studiosi quali per esempio Nangeroni, per identificare misure per la conservazione della Brughiera.
Il 6 Novembre 1983 il GNB, con il gruppo ecologico CAI-GAM-SEM e la collaborazione del WWF Groane, organizzò a Meda una mostra (che diverrà itinerante), inaugurata da Aldo Aniasi, a sostegno della richiesta di istituire un Parco Regionale per la "Brughiera".
Ormai da 4 anni le aziende della grande distribuzione e della distribuzione organizzata, associate a Federdistribuzione, impongono unilateralmente l’applicazione di quello che a tutti gli effetti risulta essere un regolamento associativo, residuo del precedente contratto collettivo nazionale di lavoro terziario, distribuzione e servizi scaduto nel 2013.
Federdistribuzione, infatti, in spregio a un diritto costituzionalmente garantito, non solo oppone un’irragionevole chiusura rispetto alla definizione di un contratto collettivo nazionale di lavoro di settore, ma continua, ingiustificatamente, a rifiutarsi di applicare il rinnovo del ccnl terziario distribuzione servizi del 2015, unico che al momento è tenuta ad applicare.
La Filcams Cgil ritiene grave la condotta mantenuta dall’associazione datoriale ed inaccettabile il danno che tale comportamento determina per le lavoratrici e i lavoratori sia sotto il profilo retributivo che contributivo, anche in considerazione degli incrementi salariali erogati unilateralmente, nettamente inferiori da quelli previsti dal contratto rinnovato.
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