PRC - L’epidemia pandemica ha evidenziato la necessità dell’urgente adozione di un sistema sanitario fondato su prevenzione, assistenza domiciliare e intervento sul territorio. Le destre al governo della regione Lombardia hanno in questi decenni devastato un’organizzazione un tempo di elevata qualità e capillarità, colpendo consultori, medicina del lavoro e prevenzione in generale. Il pilastro fondamentale di tale sistema dovrebbe essere costituito dalla rete dei medici di famiglia che oggi lavorano in condizioni di estrema difficoltà:
– 1500 pazienti per ogni medico, quando va bene, sono un numero eccessivo che impedisce loro qualsiasi spazio per intervento preventivo e domiciliare ed ostacolano il necessario aggiornamento scientifico;
– i pazienti hanno richieste sempre più pressanti e a volte motivate più dal sentito dire che da reali esigenze di salute;
– i loro compiti di fronte alla pandemia sono diventati sempre più pesanti e difficili; di certo le stesse sistemazioni dei punti di raccolta tamponi rapidi in tende di fortuna, all’aperto, in pieno inverno, non hanno dato l’impressione di una particolare attenzione nei confronti degli operatori in prima linea nella lotta al virus;
– il carico burocratico che devono affrontare rende il loro lavoro ancora più lungo e difficoltoso.
In attesa di una riforma complessiva del loro status, che incentivi una scelta a tempo pieno a favore del settore pubblico occorre, da subito, individuare delle forme che permettano loro di lavorare con più tranquillità, meno pressioni e più qualità. Riteniamo urgente e necessario che:
– vengano favorite le aggregazioni di medici di base: almeno tre per ogni ambulatorio o centro o casa della salute che operino insieme ad un infermiere/a e una segretaria/o
– che i loro ambulatori siano dotati di qualche strumentazione diagnostica in grado di alleggerire le ospedalizzazioni ed il ricorso alla medicina privata costosa e sempre più dilagante a causa delle colpevoli politiche di smobilitazione del sistema pubblico;
– che il carico economico delle strutture, degli strumenti e del personale sia di competenza del Servizio Sanitario Nazionale;
– che la parte burocratica più ripetitiva venga affidata ai servizi amministrativi delle ASL (ATS-ASST)
– che in questo modo gli ambulatori siano aperti 10 ore al giorno per sei giorni la settimana;
– che il numero dei pazienti per medico venga ridotto ad un tetto massimo di 1000/1200 con rivalutazione del compenso economico. Per ottenere in tempi brevi questi obiettivi è necessario che i cittadini si mobilitino e che i sindaci, in qualità di garanti del diritto alla salute degli abitanti del proprio territorio, se ne facciano carico e aprano una discussione con gli organismi dirigenti della sanità pubblica.
LA SANITÀ È UN DIRITTO, NON UN’AZIENDA
Partito della Rifondazione Comunista – Federazione di Sondrio